live report
Ermal Meta Teatro Ponchielli di Cremona
Concerto del 01/03/2019
L'esibizione di Cordio, breve e intensa, introduce con discrezione incisiva a quella semplicità rassicurante che sembra esorcizzare la maestosità del Teatro che, col trascorrere del tempo, sembra cambiare dimensione, come se i livelli si appiattissero, si sfalsassero in un continuo movimento senza distanze e continue intersezioni, capaci di creare compattezza, avvicinandoci. Il buio, le luci simili a fiammelle, attorno ai Gnu Quartet come a ricordare gli storici malinconici unplugged e, al pianoforte, in secondo piano Ermal Meta intona "quanta forza servirà per diventare debole" e tutto sparisce, è come proseguire da dove si era rimasti con Vietato Morire tour quando Voce del verbo terminava il concerto e, ora, così inizia in acustico, con quello che resterà uno dei brani più immensi che la musica italiana contemporanea possa vantare, intermezzato da quel battito che si ritroverà, poi,sul finale che altro non è che la vita: la capacità di emozionarsi ancora, di amare, di rischiare, di fidarsi e affidarsi. Ermal Meta sembra a suo completo agio, ormai si è abituati a vederlo in situazioni sempre diverse, eppure è uno dei pochi artisti che sembra riuscire a trasmettere un pensiero profondo con assoluta naturalezza, fermezza e sintesi, mentre si racconta il palco sembra scomparire e si assapora questo suo bisogno di lentezza, che lo ha indirizzato verso questa nuova avventura coi Gnu Quartet, perchè dopo anni di Tour, instore, ospitate, la sua vita richiedeva di rallentare per distinguere i colori, apprezzarne le sfumature e, appare proprio così, come se, anche lui, come noi, si volesse godere ogni secondo di quella serata, come irripetibile. Scherza Ermal Meta, ride col pubblico, intrattiene, racconta anedotti, alterna i suoi brani a Jackson, a Modugno e ai Muse (e il mondo si prostra a una voce che anche a fine serata resta impeccabile e con estensioni che nulla hanno a che fare quei vocalizzi forzati e ricercati che vorrebbe propinarci la tv, Meta riesce a trasmettere naturalezza anche brani non suoi, ma che si capisce quanto siano parte di lui). L'emozione dell'artista diventa sempre più tangibile quando inizia a cantare Niente che ti somigli e ricorda gli anni con La fame di Camilla, la mia memoria sembra fondersi con quella del cantautore, ricordando una serata di anni fa, in cui la band si esibiva in un paesino sperduto della provincia italiana in cui cantavo fino all'afonia in uno sparuto pubblico ed ora, dopo anni, c'è quella stessa voglia e davanti c'è ancora lo stesso uomo, forse meno timido, ma che con quei ricci che gli cadono sugli occhi sembra proteggersi, nemmeno completamente, ma che è stato in grado di far battere quel cuore pieno di passione e arte, con evidente studio, sacrificio; in questo momento mi piacerebbe sapere cosa pensa nel vedere un teatro che canta autonomamente Piccola anima o Vietato morire, sapere se anche lui è stato smosso da un brivido in quel "ricorda di disubbidire". Nel raccontare l'incontro coi Gnu Quartet, avvenuto grazie a Neri Marcorè nell'ambito della manifestazione RisorgiMarche, Meta afferma di aver trovato quattro amici: Raffaele Rebaudengo (viola), Francesca Rapetti (flauto), Roberto Izzo (violino) e Stefano Cabrera (violoncello) che gli hanno permesso sia di vivere una nuova esperienza che di donare una nuova veste ai brani, infatti i ri-arrangiamenti è come se portassero un riflesso nuovo alle parole, rendendo, ad esempio, Dall'alba al tramonto simile a una favola, facendola riscoprire. Riuscire in quelle ore a dimenticare il mondo fuori, non avere riferimenti, trasfromandosi in navigatori che seguono solo le onde dell'emotività è una sensazione che non si può descrivere, ma la si condivide con la persona accanto che in quel momento, glielo si legge negli occhi, mentre sta cercando di non perdere nulla, nutrendosi di questa panacea che sembra rendere tutto possibile.
Il pubblico è variegato, famiglie intere con nonni e bambini, e anche le età sembrano scomparire, confermando come Ermal Meta sia riuscito a riportare la visione della musica italiana ad un livello diverso, molto più diretto, costante, creando un rapporto significativamente empatico col pubblico che, negli ultimi anni lo ha ripagato con riconoscimenti costanti, ma che sembrano assumere importanza secondaria perchè quello sul palco, per due ore, è un artista che sa essere uomo, un uomo che da Odio le favole, adesso, da dietro una chitarra suona Invecchio "nell'aria camminerò/ .../ il vento mi sostiene / elegante io mentirò / raccontami i colori che non vedo / invecchio" e che, anche a Cremona, ci ha raccontato i colori della vita, senza retorica, ma solo con quel battitto che continuerà a pulsare anche nelle ore successive, che ci farà sorridere serenamente perchè "è bellezza mandare a fanculo tutta la tristezza".