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Elliott Murphy Notes from the underground
2008 - Venus
Da buon passista però Murphy ottiene i suoi migliori risultati all’aperto, cioè dal vivo, dove riesce ad entusiasmare, al punto che ormai i suoi album sembrano più l’occasione per fornire materiale e spunti ai concerti.
L’impressione è che il buon Elliott stia battendo il ferro finchè è caldo, facendo leva sul suo mestiere e su una formula consolidata, quella del sodalizio con Olivier Durand.
Per quanto di buona fattura, i suoi lavori in studio cominciano a suonare prevedibili: il solito impasto elettro-acustico, i soliti riferimenti letterari (già dal titolo che rimanda a Dostojevski), i soliti slanci melodici, la solita band (qua rinominata The Normandy All Stars). C’è tutto quello che serve per far sentire a casa i fans o chiunque conosca minimamente la musica di questo songwriter.
Non è un difetto poi tanto grande e infatti “Notes from the underground” è un buon disco, a cui manca solo qualche scatto per cambiare passo.
Si comincia ovviamente con il rock melodico di “And general Robert Lee”, ben disegnato dalla slide di Durand, e poi si procede con qualche ballad in cui Murphy mette a frutto l’intensità blue della sua voce e della sua esperienza.
Peccato per qualche pezzo nella norma, come “Ophelia” (quante ne ha scritte e ne potrebbe scrivere Elliott Murphy di canzoni così?), per qualche esercizio giocoso come “What´s that” e per il solito cammeo con il figlio Gaspard in una “Frankenstein´s daughter” che non lascia traccia.
A far guadagnare un buon piazzamento al disco ci sono comunque la flamencata “Razzmatazz”, che offre un minimo di variazione alla scaletta, e la conclusiva “Crying creatures of the universe”, una ballata d’autore con un’intensità simile a quella dello Springsteen maturo e più grato alla vita.
Come al solito i testi scorrono tra letteratura e folk, su e giù per l’Europa, dalla Svezia alla Spagna passando per la Francia e l’Italia, ovvero i luoghi in cui Murphy ha trovato maggiore accoglienza in questi ultimi anni.
Insomma, “Notes from the underground” è il solito disco di Elliott Murphy: buono sì, anche se non c’è molta differenza tra averlo e non averlo.