Intercorrono quasi quindici anni tra la pubblicazione di ´A.M.´, primo disco dei Wilco, e l’ultimo ´Wilco (The Album)´. Nel mezzo, la band di Jeff Tweedy ha perlustrato con perizia e curiosità il vasto territorio del country, del folk e del rock, partendo da un naturale proseguimento delle sonorità degli Uncle Tupelo, passando attraverso le sghembe ballate infarcite di elettronica di ´Yankee Hotel Foxtrot´ (con l’evidente apporto di Jim O´ Rourke), il suono inquieto, acido e sfacciatamente chitarristico di ´A Ghost Is Born´, il più rilassato e classicamente rock ´Sky Blue Sky´, fino ad arrivare all’omonimo ultimo album.
Ora, lontane le terribili emicranie di Tweedy e con una formazione stabile da circa quattro anni, i Wilco suonano meno sorprendenti, ma i loro standard compositivi si mantengono sempre eccelsi.
La band di Chicago pare aver assimilato tutta l’enciclopedia della musica rock, disseminando migliaia di piccoli frammenti sintattici in ognuno dei suoi lavori. Elencare i riferimenti musicali porterebbe ad una sterile prolissità. Ecco la chiave della grandezza di questo gruppo: aver fatto propri centinaia di ´suoni´ dalle diverse sfumature cromatiche ed averne creato uno, per dirla in tre parole, à la Wilco.
Anche in questa occasione i Nostri non hanno deluso le aspettative, collocando il nuovo lavoro ad un passo da ´Sky Blue Sky´.
Si inizia con ´Wilco (The Song)´, il cui verse è un tritasassi blueseggiante con Nels Cline che dispensa solo poche note, ma che si conficcano nella melodia come chiodi nel muro.
´One Wing´ è una splendida pop-rock song con un gran lavoro dell’ottimo Cline, il quale incendia il breve finale, che purtroppo s’interrompe sul più bello lasciandoci l’amaro in bocca (lo so, lo so, ognuno di noi avrebbe fatto carte false per un viaggio lisergico guidato da una lunga coda degna di ´At Least That’s What You Said´).
Sono ancora gli intrecci elettrici delle sei corde a tagliare in due ´Bull Black Nova´, un ossessivo stillicidio dettato dal piano di Mikael Jorgensen, con tanto di finale acido e vagamente noise. Perla!
La parte centrale dell’album è quieta e delicata. Spiccano ´You And I´, delizioso gioiellino country-pop, edulcorato dalla calda voce di Feist, e ´Solitaire´, il cui iniziale arpeggio di chitarra acustica è un salto a ritroso nel tempo che ci catapulta a quel capolavoro chiamato ´March 16-20 1992´. A destarci dal sogno sono gli interventi di lap steel ed organo che riportano il brano sui raffinati binari dei Wilco, ormai lontani dal mood appalachiano e rurale degli Uncle Tupelo.
Il ritmo riprende quota con il mid-tempo di ´I’ll Fight´ e l’acceso country-rock di ´Sonny Feeling´, entrambi melodicamente ineccepibili.
Certo, non siamo di fronte al capolavoro di Tweedy & company, ma semplicemente dinanzi ad una band che non sbaglia un colpo. E scusate se è poco!