Wilco The Whole Love
2011 - Anti
Parlare dell’intelligenza compositiva di Jeff Tweedy e compari potrebbe sembrare lapalissiano ma la consapevolezza della contingenza culturale ed estetica in cui, nostro malgrado, ci troviamo immersi, mi fa sentire quasi costretto a porre un vistoso accento proprio su questa rara qualità: Intelligenti sono le scelte degli arrangiamenti, dei testi, le sonorità, le scelte “ Editoriali” della band che con questo disco ha deciso di auto prodursi e di non mettersi nelle mani delle “ Majors” ed ha visto accrescere il proprio numero di fans e sostenitori. Incredibile. Altrettanto intelligente è la capacità di scrivere melodie semplici ma efficaci e quella di fare sembrare altrettanto semplici scelte sonore ed armoniche che invece riescono a stupire e a regalare sussulti ad ogni nuovo ascolto.
A tutto questo i Wilco ci avevano abituato già da tempo e se questo The whole love da un lato stupisce con suoni elettronici ed intro che a tratti possono addirittura ricordare Alan Parsons di I Robot (The art of almost), dall’altra ci rassicura con le sue alternanze estremamente riconoscibili di momenti acustici intimamente dolci e di esplosioni sonore che creano quel fantastico caos controllato in cui le elucubrazioni chitarristiche di Nels Cline giocano a rincorrersi con le costruzioni ritmiche sempre innovative di Glenn Kotche, adagiandosi su di un tappeto armonico intessuto con estrema sapienza dai giochi di chitarre e tastiere di Mikael Jorgensen e Pat Sansone e dai “giri” di basso del founding member John Stirrat. E’ proprio la presenza di quest’ultimo a farsi sentire in maniera nettamente più marcata rispetto al passato ed a proporsi quasi prepotentemente ma sempre in maniera piacevole all’interno delle dodici tracce (più quattro bonus tracks della versione Limited De Luxe) che compongono il lavoro.
Anche qui, come spesso nei precedenti capitoli discografici dei Wilco, le voci di Lennon e Harrison non smettono di echeggiare e soprattutto in brani come Sunloathe, o Dawned on me oppure Standing O pare ci vogliano indicare la possibile direzione che il suono dei Beatles avrebbe potuto prendere dopo la mai avvenuta reunion del 1974.Volendo proprio farlo, si potrebbero trovare anche assonanze con lo stile di Nick Drake in brani come Black Moon o soprattutto Rising Red Lung …
One Sunday Morning è la canzone che preferisco in questo disco ma non so spiegarmene il motivo esatto e questo rinforza ulteriormente la mia convinzione; sarà forse per il motivetto molto “Catchy” che ostinato si ripete lungo i dodici minuti e nove secondi di durata del brano o forse proprio i dodici minuti e nove secondi che rendono la canzone stessa “Non radiofonica” e conseguentemente inutile nel suo anacronismo. Il testo del brano, poi, sembra un compendio della capacità di Jeff Tweedy di creare e sottolineare chiaroscuri emotivi scaturiti in questo caso da una chiacchierata con il fidanzato di Jane Smiley, vincitrice del Pulitzer con “La casa delle tre sorelle”.
The Whole love ha anche una versione Deluxe con veste grafica leggermente diversa e logicamente più completa, e, cosa che maggiormente interessa l’appassionato ed il collezionista, quattro brani Extra, quattro brani molto “Wilco” che avrebbero potuto essere tranquillamente inclusi nel disco ma non lo sono, possibilmente per scelta commerciale oppure stilistica, non lo so e nemmeno lo capisco, resta il fatto che sono quattro prodotti della creatività della band di Chicago e come tali riscuotono la mia ammirazione e giustificano senza dubbio un esborso maggiore rispetto al disco standard. Sono quattro brani molto diversi fra loro: c’è una cover di Nick Loew, uno strumentale, una canzone in puro “Wilco Style ed una versione alternativa di Black moon.