“Terrestre” non passa e non passerà certo inosservato: già primo in classifica in Italia con un tour promozionale già sold out, i torinesi hanno dato vita a delle canzoni che certo non la mandano a dire, con testi visionari (“Le Serpi”) e diretti come non mai (decisa la presa di posizione dell’iniziale “Corpo a Corpo” che recita ossessivamente nel ritornello “Santi burocrati sangue d’ipocriti / la vita spesso è una discarica di sogni / che sembra un film dove tutto è deciso / sotto ad un cielo di un grigio infinito”).
La sensazione è che i Subsonica abbiano voluto dimostrare una volta e per tutte quanto valgono prendendo in mano gli strumenti musicali più classici e suonando un rock’n’roll trascinante come nelle scariche intermittenti di “Ratto”, che ricordano da vicino quelle dei Muse di Matthew Bellamy, o dando vita ad atmosfere più pacate e, se vogliamo, più accessibili al grande pubblico: è il caso di “Incantevole”, una ballata dove Samuel dà il meglio di sé nella prova vocale, e di “Abitudine”, una bella atmosfera a far da cornice ad un testo tragico e deprimente sulla fine di una storia d’amore.
Non manca comunque, per i fans di vecchia data, qualche accenno di elettronica alla vecchia maniera, come quello che sentiamo nella non felicissima “Gosoline”, cantata in inglese e simile agli Stereophonics post svolta elettrica.
“Terrestre” significa tornare sulla terra e creare un disco che possa conquistare nuove frange di pubblico; “Terrestre” significa virare verso il rock tralasciando per un momento le sonorità spaziali; “Terrestre” è tutto sommato un buon album con canzoni davvero di pregio (l’ultima, “Dormi”, è una ninna nanna commovente) intervallate però da altre che alla lunga stancano un po’ nel loro stato ibrido, tra il rock e l’elettronica. Promossi dunque, ma per ascoltare un album rock davvero valido fino in fondo dobbiamo aspettare il prossimo lavoro.