Subsonica Controllo del livello di rombo
2003 - MESCAL
Samuel e compagni ce la mettono tutta comunque per rendere necessario questo doppio disco, infarcendolo con quattro inediti, e prima ancora con la loro abituale energia live. Va detto che i nuovi pezzi, per quanto di buona fattura e coerenti con la produzione del gruppo, staccano un po’ rispetto all’atmosfera che scaturisce dal muro del suono creato sul palco e, volendo essere pignoli, forse sarebbe stato meglio accorparli alla fine del concerto.
Comunque, il concerto è notevole, soprattutto per i suoni che risultano curati nei particolari fino a sfiorare una maniacale perfezione: dal vivo i Subsonica diventano un mix di ricercatezza e di schiaffi ad alto voltaggio, hanno la potenza di un concerto rock e la tensione costante di un rave. Il primo cd si segnala per un suono molto vicino a quello dei Prodigy, alienato e cupo soprattutto nella prima parte, tiratissima ed efficace, con gli strumenti che producono colpi secchi e schianti anche quando si tratta di pompare. I Subsonica riescono a vincere una certa monotonia insita nella loro scrittura, dilatando i brani fino a raggiungere i sei / sette minuti e anche questo serve ad aumentare l’atmosfera minacciosa ed ermetica dei pezzi: “Perfezione” ha un intro vocale rap e si sviluppa come se appartenesse al repertorio dei Portishead, mentre “Gente tranquilla” e “Livido amniotico” vedono rispettivamente gli interventi di Rachid e di Veronika.
I Subsonica non cadono nella tentazione di fornire inutili mix o remix, ma offrono versioni frontali e compatte dei loro brani, in cui i vari suoni e generi (reggae, dance, funk, hip-hop, rap ecc.) finiscono per calamitarsi a vicenda.
Il secondo cd invece si caraterizza per un suono più orientato verso gli anni ’80, sempre fortemente alienato, ma meno duro, quasi più pop. Non è un caso la cover di “Ain’t no sunshine” di Bill Withers e l’emblematica versione di “Discolabirinto”, a ribadire quei concetti di perdersi e ballare, insiti nella musica dei Subsonica.
Personalmente trovo più riuscito il primo dischetto, dove anche le parti più scontate di chitarra e certi incitamenti danzerecci rivolti al pubblico passano in secondo piano e perdono il loro fastidio. A ben guardare però, i due cd finiscono per essere complementari e per ribadire i principali aspetti del suono Subsonica: sarebbe auspicabile che Samuel, Max e Boosta si dedicassero meno al cyber-pop anni ’80, come fanno i Bluvertigo, e andassero a fondo di quel suono denso e oscuro di cui sono capaci nei loro episodi più cupi. L’augurio è che i Subsonica, sordi alle consacrazioni di cui sono oggetto anche con questo disco, riescano ad evolversi in questa direzione lasciando perdere certi passaggi funkettari. Allora sì che questo live sarebbe un passaggio necessario nella loro discografia.