Ry Cooder Pull Up Some Dust And Sit Down
2011 - Nonesuch Records
Emblematica a sostegno della sua sete di ricerca, è la genesi di come egli sia arrivato a scoprire il gruppo di Buena Vista Social Club; si tramanda, infatti, che alla festa delle sue nozze, Ry abbia ascoltato una cassetta audio portata da un amico (eh si c’erano ancora le cassettine!) di musica cubana che non riportava alcuna informazione circa gli esecutori e ne sia rimasto colpito a tal punto che per il venticinquesimo di matrimonio andò a Cuba con la cassetta in mano per cercare quei musicisti e scoprì (con non poca fatica) trattarsi di Compay Segundo & C. e da lì nacque la storia che tutti ben conosciamo.
Ma veniamo a Pull Up Some Dust And Sit Down un album che arriva dopo anni in cui Cooder ha realizzato album sperimentali ma un po’ lontani dalla musica che lo aveva fatto affermare; diciamo che questo è un lavoro molto, molto politico dal punto di vista dei testi mentre musicalmente lo riporta alle origini, a quella “main street” che si intravede sopra il semaforo dell’illustrazione della cover, una strada principale verso le sonorità più care a Ry ma anche una direzione che i testi lanciati come pietre verso il malcostume americano e la cattiva politica riportino un paese irriconoscibile su sentieri di giustizia sociale.
Il disco è bellissimo e, anticipando la conclusione, siamo certi che alla fine dell’anno salirà sul gradino più alto del podio; è difficile trovare oggi un artista che sappia coniugare, contenuti, crogiuolo di stili e abilità strumentale come in questo caso riesce a fare il Nostro. Qui ci sono sberle per tutti a cominciare dai i banchieri che, secondo il musicista di Santa Monica, sono la causa di un dissesto finanziario che sta mettendo in ginocchio il popolo americano, a loro è dedicata No Banker Left Behind, una old time tune con arie irish in cui si ipotizza che i banchieri debbano “tutti, nessuno escluso” salire su un treno che li porterà lontani da Wall Street, il brano è suonato solo da Ray e Jaochim, suo figlio, in modo magistrale, sembrano un’orchestra. Ne El Corrido de Jesse James, una tex mex song in cui Cooder ipotizza che il più famoso dei banditi ritorni sulla terra con la sua calibro 44 e faccia incursione a Wall Street per far restituire il maltolto, bell’idea da noi potremmo resuscitare il bandito Giuliano?.
Nella sarcastica Johnny Lee Hooker for President, rifà il verso al grande blusman e con voce cavernosa, battito di piede e la sua inimitabile chitarra immagina una nazione che abbia Hooker Presidente e Jimmy Reed come vice, garantendo blues e scotch per tutti, non sarebbe meraviglioso?! Sarcasmo e disprezzo per come è gestita l’America oggi. E’ affrontato anche il tema dei clandestini provenienti dal Messico (un pensiero costante di Cooder) e le leggi razziali e le violenze che subiscono nella bellissima e ritmata Quick Sand, anch’essa tutta suonata da Ry e Joachim, un capolavoro. C’è spazio anche per il gospel in Lord Tell Me Why in cui compare l’amico inseparabile Terry Evans, una delle voci nere più belle in assoluto.
Sono queste solo alcune indicazioni che rendono questo disco obbligatorio in quanto è uno dei più importanti nella discografia di Cooder ma anche uno dei più belli usciti in questo inizio di decade.