Ry Cooder Election Special
2012 - Nonesuch Records
Election Special, pubblicato in piena campagna elettorale, suona come un campanello d’allarme per richiamare l’attenzione su temi di scottante attualità come lo strapotere della finanza, la vergogna di Guantanamo e una guerra che non sembra avere fine. “They promised war was done but peace didn’t declare” canta in The 90 and the 9, un dialogo serrato tra padre e figlio che si interrogano sulla necessità di fare delle scelte, di intervenire in prima persona per cercare di cambiare lo stato delle cose. “I said honey you ain’t read your little history book, better dust it off and take another look, if the Democrats don’t make it then I’ll have myself to blame, if we don’t raise some sand then our votes might sleep away” . L’invito è quello a non assistere passivamente al lento arretrare nell’inciviltà e a smascherare con ogni mezzo l’arroganza del potere e il disprezzo dei più deboli per evitare di tornare al passato e perdere le conquiste tanto faticosamente ottenute dalla lotta per i diritti civili. Non a caso nei testi ricorre più volte lo spauracchio di Jim Crow assurto a modello delle leggi che favorivano la segregazione razziale. La determinazione e l’orgoglio di lottare per difendere i propri diritti sono affermati con molta forza in Take your hands off it permeata dallo stesso spirito che anima This land is your land, come questa una dichiarazione di appartenenza a quei valori di libertà, fratellanza e democrazia che non possono essere sconfitti dall’ingordigia di chi detiene il potere: “Get your bloody hands off the peoples of the world, and your war machine and your corporation thieves that let you keep your job and pays your dirty salary, take your hands off us you know we don’t belong to you.”
Che Ry Cooder sia uno dei migliori chitarristi in circolazione non lo scopriamo di certo ora, ma quello che colpisce è il suo talento di narratore di storie, la capacità di restituire con un sarcasmo tagliente e ironico il ritratto della società che lo circonda. Capacità non da poco, che trasforma ogni singolo brano in un racconto, quasi fosse il capitolo di un libro. Ecco il presidente rinchiuso nella Casa bianca che si lamenta nel potente blues Cold cold feeling, l’america che perde l’innocenza in Guantanamo fino a Kool-aid che vede l’amara riflessione dell’assassino di Trayon Martin, disilluso e abbandonato proprio da chi lo aveva convinto di essere dalla parte giusta.
Lo scorso anno Pull up some dust and sit down aveva segnato il ritorno di Cooder alle origini, alle sonorità dei primi album, a quel suono che lo aveva reso famoso e che è diventato il suo marchio di fabbrica. Dopo la serie di progetti paralleli che lo avevano visto impegnato ad esplorare culture e generi musicali con lo spirito del ricercatore, finalmente ha ricominciato a scrivere la sua musica ed il risultato è stato un disco di valore assoluto, uno dei più bei lavori dell’anno. Non si può dire altrettanto di Election special, che prosegue sulla stessa falsariga ma non ha lo stesso impatto emotivo e richiede qualche ascolto in più per essere apprezzato. Intendiamoci, tanti altri musicisti metterebbero la firma per riuscire a realizzare un disco così, ma da Cooder è lecito aspettarsi di più. L’impressione è che abbia eseguito un compitino, per carità svolto molto bene, cui però manca quel qualcosa in più per non farlo risultare un po’ troppo monocorde e ripetitivo. Peccato, perché lo spessore e l’intensità delle liriche avrebbero meritato un altrettanto elevato valore della veste musicale. Gioca a sfavore dello speciale elezioni il paragone con Pull up… , rispetto al quale è leggermente sottotono, meno ricco negli arrangiamenti e non beneficia della stessa varietà di colori strumentali prima raggiunta anche grazie al folto numero di musicisti partecipanti. Cooder ora fa tutto da solo, con l’unico ausilio del figlio Joachim alla batteria, ma la pur indiscussa bravura del chitarrista nell’uso del suo armamentario di chitarre e mandolini non impedisce di rimpiangere la presenza dell’accordion di Flaco Jimenez o della voce soul di Terry Evans (tanto per fare due nomi a caso tra quelli presenti nell’album precedente).
Election special è un disco schierato, scomodo, nato dall’urgenza di Ry Cooder di dire la sua. Per farlo non poteva aspettare, a suo modo doveva partecipare alla campagna elettorale. Si può discutere se sia giusto che un artista prenda posizione così apertamente e se non sia meglio che esprima le sue idee fuori dall’agone politico, di certo dobbiamo riconoscere a Cooder una grande onestà e integrità. Perciò le riserve puramente musicali che nutriamo non inficiano il valore complessivo dell’opera la cui importanza va ben oltre l’essere una semplice raccolta di canzoni e ci fornisce uno spaccato dell’odierna società americana. Se uno dei compiti dell’arte è ache quello di far riflettere, ben vengano dischi come questo, utili a mantenere viva la coscienza ed evitare l’assopimento collettivo.