Lucinda Williams Live @ the fillmore
2005 - Lost Highway
Se invece vi aspettate un live che sia prova di coerenza, di un musica vera e senza fronzoli, allora questo doppio vi lascerà più di un segno, perché Lucinda Williams, lo sappiamo, è una che suona tanto appassionata quanto priva di retorica, tanto straziata quanto misurata. Non a caso questa raccolta, registrata nell’arco di tre serate nel novembre del 2003 al Fillmore di San Francisco, suona parecchio blues nell’approccio e nello spirito, ancora prima che negli arrangiamenti. Già il posto è garanzia di un certo tipo di musica, radicata a fondo nell’american music, e non a caso ultimamente anche i Los Lobos hanno scelto proprio il Fillmore per farsi catturare live (cd e dvd).
Lucinda dal vivo suona ancora più estrema, più essenziale di quanto faccia già in studio: le sue interpretazioni trascinano anche le ballate melodiche con un pathos che trascende il folk e il country. Già nei primi pezzi, come “Reason to cry”, quelle che potrebbero essere delle semplici ballads dall’andamento tradizionale vengono scavate da un canto impietoso. E chi si aspetta magari qualche dolcezza femminile non può che sentirsi in colpa di fronte ad un set di canzoni rese quanto mai crude e disperate, al limite della sofferenza vocale.
Il primo cd è imperniato sulle ballate, ma la voce della Williams è tanto amara che il termine suona qua come un eufemismo. Non cambia molto che il canto sfiori un ritmo quasi rap in “Sweet side” o che si metta alla guida delle ripetizioni di “Lonely girls”: il risultato è sempre quanto mai vicino ad un’intensità che si può chiamare solo blues e per questo suonano a tema le conclusioni in crescendo di “Change th elocks” e di “Atonement”, quest’ultima un culmine di vero blues.
Il secondo cd invece vive di un suono più maltratto, in cui recitano un ruolo sempre fondamentale le chitarre di Doug Pettibone, perfetto nel far sanguinare i pezzi senza mai metterli a rischio di alcuna emorragia. Il meglio viene dal corpo centrale del dischetto, a partire da “Righteously”, con una serie di pezzi che fanno tremare il blues anche oltre i sette minuti. Da segnalare l’acuto di “Real live bleeding fingers” che porta il roots-rock al limite del garage, allo stesso modo in cui poi più avanti viene trattato il country.
La chiusura affidata a “Words fell” è la prova estrema di come Lucinda Williams non cerchi colpi ad effetto. In lina con questa scelta, che non è solo estetica, va considerata anche la mancanza di foto e di un booklet, ma, lo abbiamo già detto, qua ci sono solo le canzoni di Lucinda Williams. E non c’è da chiedere di più: se proprio non vi basta, potete sempre procurarvi il dvd da poco uscito, “Live from Austin Tx.”.