Lucinda Williams GOOD SOULS BETTER ANGELS
2020 - THIRTY TIGERS
#Lucinda Williams#Americana#Songwriting #Tom Overby #Buch Norton
Si vuol dire insomma che anche in Good Souls Better Angels si aggira, per quanto ben camuffata, l’ombra benevola, inquieta, del blues, il fantasma generoso di motivazione, di ossa tintinnanti che cuciono nuove, imperiali, preghiere propiziatorie. L’asciugatura cominciata nel crocevia è durata a lungo e Lucinda Williams si è applicata con lucida determinazione. Ha guardato dentro se stessa, nel profondo, ha fatto spazio a ogni respiro anche per noi. Ha calmato il pensiero controvento assimilando il dondolio elettrico di Tom Petty, aspirando i fumi di Steve Earle. Introdotta a palazzo da santi mascherati, da Nick Cave, Elvis Costello, David Crosby, è stata accolta da regina e accompagnata nel coro. Tempo c’è voluto ma una volta salita sul pulpito Lucinda Williams non è più scesa e oggi è la voce, la nota e la lettera è tra le più ispirate d’America. Nel 2017 se ne è accorto anche il Berklee College of Music che gli ha rilasciato, a lei che per seguire il fato interruppe gli studi secondari, un dottorato onorario in musica, magna cum laude. Papà Stanley Miller Williams, poeta, ne sarebbe stato felice.
Are you Alright Lucinda?
A noi pare che stia bene, anzi molto bene. I temi che a lungo l’hanno ossessionata, morte, suicidio, conflitto tra sessi, angustie esistenziali, sono stati risolti in musica, quietati in splendidi sessantasette anni suonati. A questo giro gli spettri stanno al palo. Abbiamo altre emergenze, c’è altro da dire. Lo sguardo di Good Souls Better Angels si posa sul nostro dolce, vecchio e ammalato mondo, quello che abbiamo intorno, quello che abbiamo dentro, tre pollici sotto l’ombelico.
Se Lucinda Williams pare pacificata, salda sulla Gibson J-45 che gli fa da destriero, così non si può dire dell’America ed è a questa che Good Souls Better Angels si rivolge. L’aquila è in stato confusionale, pregasi starne lontani. Troppe, rapaci, incontenibili, libagioni l’hanno imbolsita, stordita da ogni surplus fuorché da quel minimo di protezione sociale che potrebbe lenire il disastro virale. Più di un milione i contagi, altra carne in arrivo nell’inferno della povertà. Katrina è solo un pallido ricordo di quello che accadrà. Chiusa, impaurita, armata, una America così non la abbiamo mai vista e non è una bella notizia per nessuno. Qualcuno, qualcosa dovrà cambiargli la prospettiva o conquisterà il podio più alto dell’insensatezza unita all’oscar della sciatteria politica. Bernie Sanders l’ha capito, i tempi che ci attendono sono duri. Molto duri, prepariamoci.
Se le cose stanno così, e stanno così, Good Souls Better Angels afferma il coraggio della speranza, buoni spiriti, ancor migliori angeli. Lucinda Williams invita a giocare la partita sperando di non perderla. Non indugia nella lamentazione di West (2007), non accarezza la ferita di Down Where the Spirit Meets the Bone (2014), non si adagia nell’esercizio virtuoso, sottile, estetico di Vanisched Gardens (2018), ma graffia, incita, indica e consola. Al momento c’è quel che c’è, facciamocelo bastare, allunghiamo il passo tra la polvere, nella tempesta che annebbia la vista prima o poi luce verrà.
You can’t Rule Me, Bad News Blues, Wakin’ up, Bone of Contention, gridano. Svegliati America o il passato ti sommergerà, altro che Great America, again! Non vorrai dar retta a quel tizio, stanne lontano è A Men Without Soul, un uomo senza anima. Si chiama Donald come quello degli hamburger, un pagliaccio. E’ dura tesoro, lo so, un Big Black Train ci sta piombando addosso, dobbiamo reagire anche se la strada è buia, abbi fede, tra ombre e dubbi ci sarò io a tenerti la mano. E’ un gioco di guarigione la proposta, rallenta il battito distribuisci il sangue e i farmaci sono Shadows & Doubts, When the Way Get Dark. Poi, il saluto di Good Souls. Adesso puoi ascoltare il silenzio.
La pietanza di Good Souls Better Angels sazia e fortifica. Sulla tela la firma è di Lucinda Williams ma la cornice, il rifornimento dei colori su intrecci apparentemente semplici è opera corale. Seminale il contributo artistico e parentale di Tom Overby che ha scritto parte delle liriche. Come Freddy Koella feceva per Willie De Ville, come Rick Holmstrom fa per Mavis Staples, Stuart Mathis alle chitarre del battere e del tremolare cura l’emozione, il significante. La sezione ritmica è in ricezione, David Sutton al basso, Buch Norton alla batteria spingono quando devono, si raccolgono quando richiesto.
Un’altra, grande pagina di Lucinda Williams, grande spirito e miglior angelo.