Jono Manson Silver Moon
2020 - Appaloosa / IRD
#Jono Manson#Americana#Songwriting #Warren Haynes #Joan Osborne #Jason Crosby #Terry Allen #Eliza Gilkyson #Eric Roscoe Ambel #Eric Shenkman
Ascoltando il suo nuovo lavoro, Silver Moon, mi piace pensare come esso sia la "summa artistica" di una carriera di talentuoso operatore musicale, vista la poliedricità di ruoli che il rocker trapiantato in New Mexico si è saputo ritagliare nel corso degli anni, a cavallo dell'Atlantico
Per fare questo, la foto si è tramutata in una gigantografia, metaforica testimonianza di una serie di canzoni di eccellente fattura, grazie anche al "parterre de roi" di musicisti coinvolti nel progetto.
L'inizio è di piacevole rodaggio, con Home again to you e Only a dream (con James Maddock, sottotraccia, alla doppia voce), classiche ed eleganti, sulla scia degli ultimi lavori.
Da Silver Moon il registro cambia drasticamente, con il Nostro che inanella una serie di otto canzoni di qualità superiore. La title track gode dei rimandi tra le tastiere di Jason Crosby e la slide di Sua Maestà. Warren Haynes. L'impasto con la voce ispirata di Jono è da applausi scroscianti.
I fiati arrivano puntuali al party, accompagnando Jono e Joan Osborne che duettano in una portentosa Loved me into loving again. L'atmosfera si riscalda, per un r'n'b di classe sopraffina, "l'amore è la bussola che indica il cammino", le mani tengono il tempo. Song da ricordare.
I have a heart è puro rock stradaiolo che scorre veloce e senza fronzoli, grazie ad Eric "Roscoe" Ambel che ci ricorda come, per i Del Lords e, per un certo periodo, i Dukes, la sua chitarra fosse segno distintivo del loro suono. I believe parla di redenzione e speranza, la voce di Jono potrebbe essere l'unico strumento in una ballata carica di pathos che arriva dritta al cuore.
Sferraglianti sei corde di nuove di nuovo sugli scudi nella trascinante I'm pig, goloserie assortite di assoli (Eric Shenkman, axeman dei primi, eclatanti Spin Doctors) piano, voci e controcanti che ti viene voglia di finire in un attimo il vassoio. Con Shooter e The Christian thing i testi assurgono ad un ruolo quantomeno paritario rispetto ai suoni che li rivestono. La prima è una cruda invettiva verso gli assassini di sogni, i ladri di scelte, i silenziatori di speranza, quelli di cui "I refuse to see your face, i refuse to say your name". L'atmosfera è tesa, la classe mancina di Paolo Bonfanti la rende musicalmente palpabile. La seconda è una superba ballatona, per organo e slide, impreziosita dalle voci di Eliza Gilkyson e Terry Allen. Si parla di valori universali, spogliati dai dogmi della religione, con "la coscienza come bussola" e la consapevolezza che ciò che è "cristiano fare" lo puoi trovare nella quotidianità di una vita percorsa sulla via della rettitudine.
Face the Music invoglia ad ingurgitare un thermos di caffè, fare il pieno ed imboccare un'autostrada in piena notte, possibilmente senza una meta prestabilita. Irresistibile, trascinante, perfetta rock song, tra chitarre fumanti e piano boogie. Everything that's old (again is new) scivola via con classe mentre Every once in a while ospita, tra le sue strofe, due riflessioni per nulla banali su temi come lavoro e clima, confermando come Jono Manson sia attento e critico osservatore della società.
Poteva mancare del sano blues? The wrong angel è la migliore risposta al quesito, chiudendo in bellezza (grazie anche al tocco del grande Bonfa)un disco che vale una carriera.
Great job, Jono. La luna argentata annuisce sorniona in questa limpida serata.