A 47 anni Joan Wasser è giunta al sesto album di studio dopo che inizialmente sembrava proiettata verso un futuro di strumentista classica. Le 2 bands che l'hanno sverginata musicalmente, i Dambuilders e i Black Beetle sembrano ormai lontane e poco interessanti appendici alla sua carriera solista iniziata nel 2004 come Joan As Police Woman col nome preso a prestito dalla serie tv omonima con protagonista Angie Dickinson, una tipa come dice la Wasser "potente ma sexy allo stesso tempo". A quanto pare la nostra ha un alta considerazione di sé stessa e osservandola nel fronte copertina a dispetto di una età anagrafica non proprio da teenager possiede un fascino magnetico che poche altre artiste in circolazione possono vantare. Ma qui ci tocca parlare del nuovo disco, questo Damned Devotion e il tiepido entusiasmo di sopra appare addirittura sbiadito a comparazione della modestia di molte delle 12 tracce qui presenti. I quattro anni che sono intercorsi fra questo album e il non clamoroso The Classic (2014) sembravano un tempo sufficiente per far sì che la Wasser ci regalasse un altra prova del suo talento, già evidenziato sia in studio che nelle brillanti esibizioni live. Già il singolo Tell Me era un preoccupante biglietto da visita, una canzone che sulla carta sembrava volerla e doverla avvicinare al grande pubblico vista la leggerezza della proposta. Ma se quello fosse stato un episodio isolato non sarebbe stato un peccato mortale il problema è che il resto del programma non riserva molte belle sorprese. Un sound che strizza l'occhio al soul eseguito a momenti con lo stile delle cantanti jazz, tutto molto interessante ma è il livello compositivo piuttosto scadente. Vedi alla voce Wonderful posta all'inizio, che di meraviglioso non ha proprio niente, l'orribile dedica a Jean Genet di Steed, i falsetti irritanti di Rely On e la confusionaria The Silence. C'è anche del buono fra questi solchi, Warning Bell per dire, What Was It Like o la crepuscolare Valid Jagger anche se quei controcanti invadenti sciupano sempre le buone intenzioni di molte tracce.
Un album che orecchie più avvezze ad ascolti di new soul/jazz potranno certamente apprezzare ma in generale questo Damned Devotion appare come un disco noioso e sottotono, di gran lunga il peggiore partorito dalla mente della sua autrice. Joan Wasser anche se va per i 50 sembra ancora lontana dal regalarci la famosa prova di maturità continuando a proporci album privi di spina dorsale e senza una precisa direzione musicale. Bocciata in pieno, la prima grande delusione di un 2018 ancora in embrione.