Joan As Police Woman

live report

Joan As Police Woman Festival Villa Arconati

21/07/2011 di Vito Sartor

Concerto del 21/07/2011

#Joan As Police Woman#Rock Internazionale#Songwriting Pop

Questa sera si sarebbero dovuti rappresentare due mondi della musica americana, invece la parte meglio raffigurata è stata solo quella delle origini della roots texana. Per la parte più urbana e alternativa ci avrebbe dovuto pensare la nostra Joan Wasser che, a differenza della forma impeccabile di Lyle Lovett, il quale ha applicato alla lettera l´abc di un certo folk sudista, l´artista di New York ha scordato qualche regola essenziale per rappresentare ciò che è e ciò che vuole diventare.

The Deep Fileld è un disco bellissimo, ricco di spunti, a suo modo innovativo, suona complesso e il lavoro di produzione è stato magnifico. Al contrario il live set proposto dalla nostra ha sofferto: innanzitutto per la mancanza di una vera band. Nonostante i suoni derivino da una sintesi pop del soul, trasformandolo in un complesso di musica black moderna e "tecnologica", il live è risultato povero di una spinta essenzialmente rock. La scelta di musicare le splendide canzoni pop-soul del disco con l´aiuto di un binomio keyboard e synth non è stata una mossa azzeccata e spesso i suoni cadi dell´r´n’b e le ritmiche funkeggianti si sono rivelate inconsistenti e addirittura artificiose. Dalla sua Joan ha cercato di colmare il vuoto trasformandosi in una rock and roll star, liberandosi delle tastiere ed imbracciando temeraria una chitarra elettrica che tutto sommato non le appartiene più di tanto, scoprendo una timidezza vocale inedita.

Ha funzionato l´apertura con "Action Man" e successivamente con il singolone tecno soul di The Magic che a visto la chanteuse dietro le sue amatissime tastiere divertendosi con gli effetti vocali. Poi è arrivato il momento di raccogliere le idee dietro la sua figura di cantautrice: sebbene le phisique du role non è stato messo in discussione, la sua verve da dolce regina argentata è stata gradita dal suo pubblico, ma le lacune sono arrivate all´apice con Chemmie (troppi aiuto dagli effetti vocali e dai cori). C´è da rendere i meriti per il lavoro arrangistico del live, sintetizzare un disco così ricco di particolari non è stato facile, anche se di tanto in tanto la presenza del moog è stata assai ridondante e non sempre un riempitivo usato nel modo giusto; apprezzabili le ballate più semplici (Flash), così nella struggente ballata di Forever And Year, in cui Joan è riuscita a ripartire dall´intimità imperfetta, senza usare le profondità delle grandi voci rosa della musica soul, rimanendo coi piedi per terra e trasformando dei dolci lamenti in gradevoli passaggi sentimentali e notturni.

Due anni fa Joan, aprendo a Regina Spector, si era distinta per la sua personalità sgargiante (all´epoca la sua tutina era rosa shock invece che argento) e spontanea. Apparve come autrice fuori dagli schemi, orientata alla musica pop e al divertimento (memori le versioni live di She Watch Channel Zero dei Public Enemy e Secret Tweester di Kim Gordon). Forse questa volta ha fatto soltanto il passo più lungo della gamba con un “falso” eccesso di classe, raccogliendo frutti solo su disco.

Foto di Vito Sartor