Il Parto Delle Nuvole Pesanti Roccu u stortu
2002 - PNP
“Roccu u stortu” si presenta proprio come un album dotato di questo peso specifico all’interno della discografia del Parto: recupera il senso di tutto ciò che Peppe Voltarelli e compagni hanno fatto, comprese alcune canzoni che vengono riviste, e lo aumenta attraverso la collaborazione con Francesco Suriano, autore del testo di “Roccu U Stortu”, e con Fulvio Cauteruccio, interprete e regista. Il disco è infatti la colonna sonora dello spettacolo teatrale della compagnia Krypton, che ha superato le cento repliche e che è tuttora in tour nei teatri.
La storia è quella di Rocco Sprizzi, personaggio calabrese, semianalfabeta, raccoglitore di olive, che si arruola per la prima guerra mondiale nella speranza di ottenere qualcosa per sé e per la sua famiglia, ma finisce per disertare ed essere fucilato.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il cd non risente della mancanza visiva della messa in scena e riesce a comunicare tutto il significato del progetto attraverso le musiche del Parto e le parti recitate. Proprio l’uso del dialetto calabrese ribadisce l’attaccamento di Voltarelli e compagni verso quella che è la storia, la lingua e la tradizione (musicale) della loro terra.
È di un’opera quindi che si parla, piuttosto che di un disco, anche se, ripetiamo, l’ascolto è un continuum. Come dicevamo, “Roccu” è qualcosa di più del nuovo episodio della discografia del Parto, forse il termine “album” è quello più adatto ad essere usato per il tipo di lavoro compiuto.
L’interpolazione di parti del testo teatrale, riportate intelligentemente anche nel booklet, non stacca da quelle che sono le canzoni vere e proprie e viceversa: da una parte perché si narra la stessa storia e dall’altra perché le forme usate (il dialetto e la tarantella) godono della medesima origine. Queste scelte garantiscono all’album una credibilità altamente drammatica e radicata in quel popolo che si trova a dover fare e vivere la guerra.
In una storia dallo sfondo socio-popolare il songwriting di Voltarelli trova terreno fertile per alcuni dei suoi frutti migliori: il blues etnico e deciso di “Nescia sule”, l’energia straripante di “Raggia”, lo swing della title track e la struggente semplicità di “Serenata mai sonata”. A condurre le danze, le adunate o le marce, a seconda degli episodi, sono la fisarmonica e il tamburello a cui si aggiunge il mandolino di Sirianni spesso in coppia con la chitarra dello stesso Voltarelli.
Mai un disco del Parto aveva avuto un tasso musicale e culturale così elevato. Se non addirittura politico, visto che l’opera viene pubblicata non casualmente in un periodo in cui il presunto obbligo della guerra è tema quantomai attuale.