live report
Il Parto Delle Nuvole Pesanti Fillmore - Cortemaggiore (pc)
Concerto del 25/02/2005
25 febbraio 2005
FILLMORE – CORTEMAGGIORE (PC) Un Fillmore inspiegabilmente semivuoto ha accolto il Parto Delle Nuvole Pesanti in una delle prime date del tour che, dopo gli showcase tenuti nelle librerie, sta portando in giro il nuovo disco.
L’ex-cinema/teatro di Cortemaggiore, con la sua capienza e la sua acustica nettamente sopra la media, sembrava suggerire desolatamente che il (mal)funzionamento della musica dal vivo in Italia non è solo una questione di spazi e di costi, ma anche di cultura e di predisposizione del pubblico. I musicisti del Parto, rodati da anni passati su ogni tipo di palco, hanno subito annusato l’ambiente e cominciato a entrarvi sin dalla prima canzone: “Riempire gli spazi” è arrivata proprio come un invito, come una reazione di fronte ai troppi vuoti che la musica deve affrontare di questi tempi. Il trio calabrese ha dimostrato ancora una volta di essere uno di quelli in grado di offrire pienezza, con un suono arricchito dal basso di Mimmo Crudo, dal sax di Raffaele Brancati, dal piano di Pasquale Morgante e dalla batteria di Gennaro De Rosa. Particolarmente corposa è stata subito “I musicisti di Lolli”, dotata di un’energia positiva che un flauto e un Voltarelli sghignazzante hanno fatto sprizzare, e sulla stessa linea si è mossa anche “Gli amici degli amici”, che alla fine è risultata la più cresciuta tra le canzoni dell’ultimo disco.
A spingere i pezzi sul palco, anche nella loro versione etno-autorale, è sempre Salvatore De Siena, ora seduto sul cahon ora in giro a battere un tamburello: con lui ha fatto coppia Gennaro De Rosa dei Mandara, in movimento dalla batteria alle percussioni. Ne hanno guadagnato soprattutto “L’imperatore” e “Onda calabra”, prima che “Raggia” arrivasse con la sua carica animale a provocare anche la chitarra del maestro Amerigo Sirianni.
Proprio questa energia è riuscita a coinvolgere ogni singolo spettatore e si è meritata un neologismo che ci sentiamo di azzardare: “s’arraggia”. È così che questi musicisti diffondono canzoni e testi, suoni e idee, con un movimento a raggiera dal palco verso tutti i presenti.
Fondamentali sono state le capacità interpretative fisiche, vocali e mimico-facciali, espresse persino nei pezzi più lenti come in una “Cantare” per voce, piano e sax, un esempio di vera autoralità italiana. Capacità che si possono ormai tranquillamente definire teatrali per una forte componente recitativa e rappresentativa evidente in “Roccu U Stortu”.
L’“arraggiarsi” ha poi liberato anche un’altra capacità, quella dell’improvvisazione, in una “L’avventura”, richiesta a forza dal pubblico ed eseguita casualmente in una versione quasi a cappella. Da questo tipo di energia non potevano scaturire anche alcuni imprevisti come una “Nescia Sule” che ha dovuto reagire ad una rottura della cinghia della fisarmonica. Logico che tutto questo si riversasse sul pubblico mordendo alcuni con un ritmo calabrese che ha costretto al ballo sfrenato e logico che alla fine i musicisti scendessero dal palco in preda alla loro stessa musica, come in un corteo di paese, ognuno a far chiasso col proprio tamburo.
E logico, anzi inevitabile, che questi venissero poi richiamati non per un bis, ma per un pezzo che permettesse a quegli spazi, ancora non del tutto soddisfatti, di traboccare: così “Equo canone”, si è arraggiatta, lunga e svaccatta, crescendo sulla melodia, fino ad una pienezza che nessuno avrebbe potuto immaginare ascoltandola su “Alisifare” (1994).
Alla fine all’entrata del Fillmore avrebbero dovuto esporre il cartello di tutto esaurito. Giustamente per una volta, a dover fare i conti col loro senso di vuoto erano quelli rimasti a casa.
A loro benevolmente possiamo solo dire: “Fatevi arraggiare”. Scaletta:
Riempire gli spazi
Banaltango
I musicisti di Lolli
Gli amici degli amici
L’imperatore
Onda calabra
Il lavavetri
Via da questa miseria
Raggia
Cantare
La guerra di Piero
Riturnella
Roccu U Stortu
Un gelato al limone
L’avventura
Ciani
Nescia Sule
Lupu
Equo canone