Giulio Casale Sullo zero
2002 - ARTES / MESCAL / SONY
Giulio Casale è uno che ha qualcosa da dire, che ha il coraggio e i modi per dirlo: niente chitarre elettriche, dimenticati i samples dell’ultimo incerto “Tunnel supermarket”, qua c’è solo un uomo, con una chitarra acustica, che si guarda dentro, con qualche canzone e qualche lettura.
“Sullo zero” è un disco dal vivo, ma non è propriamente un concerto: delle ventotto tracce, solo undici sono canzoni, il resto sono reading, parole che spogliano, che scoprono, che scavano. Letteratura, se volete, o poesia, di sicuro è un bisogno ossessivo di vita, in cui la parola cantata si fonde con quella enunciata.
“Lo zero” è la metafora del nulla, di quel grande vuoto, a partire da cui “Estremo” ha costruito la sua identità di uomo e di musicista, arrivando per reazione e per affinità a Hemingway come a Jeff Buckley, a Mike Leigh come a Nick Drake, a Dylan Thomas come a Patti Smith e Luigi Tenco. Forse è proprio in questa dimensione solitaria, già proposta anche nel tributo a Tenco “Come fiori in mare”, che l’io artistico di Casale trova la sua pienezza, riuscendo a liberare le sue canzoni, i suoi pensieri e i suoi scritti.
Non è facile seguire tutto il disco, ma, se si riesce ad entrare nella serata e a lasciarsi fermare dal peso delle parole, allora si intuisce un percorso che porta a una visione pacificata, se non positiva della vita (“Hanabel”, “S’impara”, “Zeta”): quella di Casale è una storia che va oltre il personale, astraendo disagi, logorii interiori e attimi di fuggevole bellezza.
Se i dischi dal vivo comportano sempre una dispersione dell’energia e della forza espressa sul palco, immaginatevi in questo caso quanto fosse alto il rischio di cadute di tono: “Sullo zero” è un disco che non tiene sempre l’attenzione, ma sta comunque in bilico tra il cantautorato e la poesia, tra il rock e la letteratura, tra il pensiero e il vissuto. È proprio questa leggera tensione, che lo mantiene in vita.
Alla fine c’è un inedito in studio, “La strada”, una ballata che riprende questo spirito solitario, con arrangiamenti minimi e un rispetto religioso verso l’intensità della canzone. Sulla stessa linea, ma meno riuscita, la bonus track “Finchè posso”, in memoria di Jeff Buckley, ma in questa forma forse gli Estra potrebbero ritrovarsi e offrire quella nuova integrità di cui il loro leader prima di tutti ha bisogno.