Bruce Cockburn Life short call now
2006 - True North / Cooking Vynilò
“Life short call now” è infatti l’ennesimo monito di un songwriter che da sempre ha il merito di evitare facili soluzioni e di sfuggire alla solita retorica globale: sono ormai trentacinque anni che preferisce concentrarsi su una ricerca sonora ed esistenziale propria.
Tralasciando il precedente “Speechless”, disco completamente strumentale, questo nuovo album riprende quanto fatto con “You’ve never seen everything” e prosegue su una linea di intensificazione degli arrangiamenti che di nuovo non convince del tutto: ne viene un suono ricercato e rarefatto in cui la chitarra di Cockburn si muove tra archi, fiati e un’abbondanza di strumenti vari ad opera di Julie Wolf e Jonathan Goldsmith (keyboards, piano, harmonium, wurlitzer, Fender Rhodes, B3, fisarmonica, melodica, celeste, glockenspiel, maikotron ecc.).
Tutto questo dispendio da una parte aggiorna il suono di Cockburn e lo rende più moderno, ma dall’altra non giova alle sue canzoni che a tratti scivolano in esercizi sonori o in rifacimenti di idee già sviluppate in passato con maggiore essenzialità: non brillano i brani strumentali e rimangono incerti anche pezzi come “Different when it comes to you” e “To fit in my heart”, troppo atmosferici, che evaporano insieme ad alcune parti di batteria a dir poco monotone.
Lo stesso Cockburn forza il proprio canto con un falsetto nel tentativo di sviluppare un contesto il più possibile evocativo: peccato perché “Mystery”, “Beautiful creatures” e “Tell the universe” sono canzoni che avrebbero meritato un maggior consolidamento. Ciò non toglie nulla alla classe e alla mole di lavoro con cui il disco è costruito grazie anche all’apporto di Kevin Turcotte alla tromba e di alcuni ospiti come Ron Sexsmith e Ani Difranco alle vocals, ma l’impressione è quella di un album che perde consistenza a forza di andare alla ricerca di un anelito umano universale.
I due estremi sono rappresentati da “This Is Baghdad” e da “Slow down fast”: la prima canzone si smarrisce dopo un intro orientalleggiante focalizzando sulla ripetizione di immagini drammaticamente attuali, mentre la seconda riesce a cogliere tra chitarra e fiati una tensione strumentale che manca al resto del cd.
Come per il precedente “You’ve never seen everything”, “Life short call now” è indubbiamente un lavoro virtuoso che non raggiunge però gli apici della discografia di Bruce Cockburn, un artista in grado di mostrare la bellezza e l’orrore del mondo con una maggior coesione.