A questo punto si potrebbe parlare di un trittico, iniziato con
The tree of life e continuato con
To the wonder. Il pacchetto, costituito da stile, narrazione, estetica, è lo stesso. Il risultato, purtroppo, no! Qua le vicende sono ancora meno fluide e limpide rispetto ai film precedenti, già non “facili”. Sostanzialmente ora si parla della crisi interiore (?) dell’uomo di spettacolo interpretato da Christian Bale. Ma il tutto è confuso e la parte della crisi, dell’introspezione questa volta provoca poca empatia da parte dello spettatore. Certo, le situazioni, i personaggi di contorno (grande dispiego di star: Blanchett, Portman, Banderas) rendono quasi meglio se decontestualizzate, e per questo forse sarebbe stato utile un attimo in più di riflessione da parte del regista americano.
Rimangono delle immagini molto belle, a tratti splendide, ma questa volta il pacchetto a cui si accennava assomiglia più ad un esercizio di stile con poco sentimento. Queste immagini, che varrebbero da sole molti film, si potrebbero vedere anche a volume abbassato al minimo.