Terrence Malick La rabbia giovane
1973 » RECENSIONE | Drammatico
Con Martin Sheen, Sissy Spacek, Ramon Bieri, John Carter, Warren Oates
06/10/2017 di Claudio Mariani
Film a suo modo storico, a partire dalla storpiatura del titolo che dall’originale, sintetico e programmatico Badlands passa al meno artistico La rabbia giovane. Certo, l’argomento è comunque azzeccato, ma questa rabbia era meglio farla scoprire allo spettatore anche senza indicargliela direttamente nel titolo. Le badlands sono invece la direzione geografica dove si dirige il venticinquenne Kit, ma anche la posizione/condizione in cui si trova la sua mente confusa. Lui è una sorta di James Dean, che svolge lavori umili con poco interesse ma senza farsi troppe domande, nell’inedia totale. Però la sua attenzione è rapita dall’angelica quindicenne Holly con la quale fugge dopo avere ammazzato, apparentemente senza senso, il genitore di lei. Inizia un viaggio che porterà Kit ad uccidere sempre di più, in modo facile, distaccato, alla frenetica ricerca di qualcosa a cui non riesce dare un nome.
Inizia così un road movie, che è anche un perfetto film sul disagio giovanile, un film sulla provincia americana, un film sulle sue tante contraddizioni, la più evidente delle quali è la violenza facile, quasi inspiegabile e fine a se stessa. La spietatezza è rappresentata in forma quasi didascalica, senza esprimere giudizi: Kit sembra agire con la rassegnazione di chi sa che “tutto deve succedere, e allora perché farsene un problema?”. Una delle scene più spietate di tutti i tempi non mostra una delle molte uccisioni, ma vede il protagonista sparare inutilmente dalla botola di una cantina dove lui aveva rinchiuso una coppia di avventori, senza sapere se li abbia colpiti o no.
Alla fine il cattivo è percepito come divo, come buono, anche dagli stessi agenti che lo catturano. Forse non esiste il bene assoluto? Buoni e cattivi, se rigirati, sono tutti sulla stessa barca? Tanti quesiti, sempre attuali, ma forse per la prima volta presentati così lucidamente.
Ispirato parzialmente ad una storia vera, inizia qua la leggenda del più misterioso dei registi, un Terrence Malick che si fa aiutare dallo scenografo Jack Fisk che lo seguirà per i trent’anni successivi.
Attori perfetti e assoluti mattatori, entrambi lanciati nell’Olimpo del cinema: da un già adulto Martin Sheen, semplicemente perfetto, ad una splendida Sissy Spacek, con il viso sempre a metà tra l’adolescenza e la tarda maturità. La loro è un’alchimia assoluta.
E’ un film a suo modo spietato, condito da una musica accomodante, paesaggi splendidi e facce bellissime, voce narrante e quasi sognante di lei, un mix che ci fa pensare, al giorno d’oggi, a una regista come Sophia Coppola, che sicuramente avrà nel film di Malick uno dei suoi massimi riferimenti. Di lì a poco, Martin Sheen avrebbe lavorato col padre di lei, Francis Ford, in Apocalypse Now. Forse lui lo scelse anche per le scene di “sopravvivenza” di Kid nelle foreste delle badlands, il primo anello di una catena di riferimenti che sarebbe arrivata fino ai giorni nostri, ma questa è un’altra storia…
Un film che è divenuto un classico, da ricordare e vivisezionare in ogni sua scena.