Terrence Malick

Drammatico

Terrence Malick Hidden life - La vita nascosta


2019 » RECENSIONE | Drammatico | Storico
Con August Diehl, Valerie Pachner, Matthias Schoenaerts, Michael Nyqvist, Bruno Ganz



19/03/2021 di Claudio Mariani
Partiamo dalla domanda più scontata per chi conosce l’opera di Malick: cosa ci può essere di nuovo in un suo film? Domanda legittima e risposta che non bisogna dare d’impulso. Verrebbe infatti da rispondere “nulla”, ma pensandoci bene qualcosa di nuovo e parzialmente inedito c’è, in quest’ultima produzione: la voglia di raccontare, in maniera lineare, una storia. Bisogna andare indietro a The New World per trovare qualcosa di vagamente simile.

Questa “scelta” sorprende, ormai eravamo abituati a farci trascinare dalle immagini dei suoi film e dall’indagine introspettiva dei protagonisti, quasi buttati in un vortice, una sorta di free style creativo, fatto di scene memorabili, fotogrammi accattivanti, tante cose al limite dello sperimentale, accompagnati da una voce fuori campo che ti catapulta nelle menti altrui. Se anche in questo episodio il registro visivo si lancia ancora in voli pindarici, in acrobazie stilistiche, con ancora la voce fuori campo, lo fa però rimanendo in binari che scorrono dritti e paralleli dall’inizio alla fine di questi 173 minuti.

Il regista di Waco questa volta narra una storia reale: quella di una coppia di contadini austriaci durante il nazismo, e di come sia stata divisa, come tante altre, dalle vicende della guerra, ma questa volta con un fatto inedito: l’obiezione di coscienza verso la guerra nazista del protagonista, Franz Jägerstätter, ostinato, convinto fino al tragico epilogo. Nel tempo questa figura, all’inizio osteggiata dalla stessa chiesa cattolica, ha assunto una statura importante, fino alla beatificazione nel 2007.

Quindi una storia di grande valore, interessante anche nei suoi risvolti (il coraggio di lei, l’ostilità dei loro concittadini nel non ammettere un oppositore al regime, e molto altro…), ma che finisce per non reggere dal punto di vista della tensione per tutta la durata della pellicola. E allora, per non annoiarsi, si torna a rimanere incantati dalle immagini, dal viso splendidamente austriaco della protagonista Valerie Pachner, dall’intensità di August Diehl, delle scene di vita rurale, montagne splendide e ricostruzione del villaggio inappuntabile, dei paesaggi da favola.

E poi il caso ha voluto che questo fosse l’ultimo film dello svedese Michael Nyqvist, morto per altro relativamente giovane, e di quello che non ci stancheremo mai di definire un attore unico e immenso: Bruno Ganz.

Bel film, ma difficile da valutare. Forse non conoscendo la filmografia precedente, parrebbe grande cinema inarrivabile, ma contestualizzandolo, diciamo che Malik ha fatto di meglio, molto meglio.


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