Virginiana Miller Fuochi fatui d’artifico
2006 - Radiofandango/Edel
È questo lo stile dei Virginiana Miller, che – ricordiamolo – sono in pista ormai da dieci anni anche se si è cominciato a parlare davvero di loro solo con “La verità sul tennis”. La band livornese ha la capacità di piegare a proprio piacimento il pop e la canzone d’autore creando una creatura ibrida che non soddisfa l’ascolto, che lascia con quesiti e accostamenti irrisolti.
“Fuochi fatui d’artifcio” è un disco da riascoltare con calma, perché non è composto solo della tipica nostalgia italiana per il proprio passato e per la propria gioventù: Simone Lenzi e compagni estendono il discorso al di là degli anni ’80, anche se questi fanno sempre da sfondo complici suoni di chitarre e tastiere new wave. Le canzoni implicano un passato storico che richiama Alessandro Magno ed Enrico Mattei, Pasolini e Marx ed imbastiscono una visione della realtà inquieta, anche quando il rimando va ad un livello più basso (Uri Geller, il Commoder 64).
L’obiettivo è quello di dirigere l’attenzione dell’ascoltatore sull’alienazione silenziosa di cui è vittima il nostro tempo ed il disco riesce benissimo in questo tratteggiando una cortina di disumanità che si snoda di traccia in traccia.
I fantasmi che vengono chiamati in causa, dalla DDR al problema del petrolio, non si aggirano cupi sulle canzoni, ma vi compaiono e scompaiono all’interno in sintonia con l’ambiguità pungente dei testi e degli arrangiamenti. I brani infatti salgono su spigoli dark con la stessa frequenza con cui girano attorno a delle keyboards robotizzate (“C64” e “Dispetto”) creando un’equazione tra impensierire e sfottere.
I Virgianiana Miller riescono così a suonare esistenziali senza perdersi in leggerezze nostalgiche o in pesi concettuali. Il punto di maggiore equilibrio è raggiunto in “Per la libertà”, mentre “Re Cocomero” gira attorno alla beata ignoranza delle genti italiche con lo stesso spietato sorriso con cui “L´anno dello scambio culturale Italia-DDR” punta il dito sugli spettri dell’Europa e “Onda” ricorda la tragedia dello Tsunami attraverso un linguaggio da cartolina.
Tra il lamento di un violino, qualche rumore in sottofondo, il soffio di un sax baritono e il ticchettio di un orologio i Virginiana Miller hanno costruito un disco che guarda avanti verso il pop alternativo e indietro verso la nostra musica leggera.
Non per niente chiudono il disco con “Insonnia”, una riflessione sul tempo e sul mal di vivere. Inafferrabili in tutto e per tutto.