Sono poche le band italiane che sono, o sono state, in grado di creare una sorta di ´genere´, un timbro caratteristico (ma non per questo privo di evoluzioni) tale da renderle riconoscibili e al contempo ispiratrici per altri gruppi: CCCP (ed in seguito i CSI), Diaframma, Litfiba, Afterhours e, last but not least, i Marlene Kuntz. Il trio di Cuneo, guidato da un sempre più diafano Godano, in occasione dei propri vent’anni offre agli ascoltatori un cofanetto che ricorda un concerto davvero speciale: quello tenuto al teatro Sannazaro di Napoli. Ed in questo contesto, così inusuale per una rock band, i Marlene sembrano trovarsi a proprio agio, più di quanto a volte lo siano apparsi in esibizioni di ´massa´. Godano, infatti, pur nei suoi silenzi, riesce a trasmettere emozioni nuove rispetto ai dischi, cosa che non sempre accade. Ed invece eccolo lì, gentile e carismatico, un incrocio tra uno sciamano e Nick Cave, a infrangere quel muro noise e denso d’anima, che caratterizzava i primi Marlene, per offrirci l’essenza dei brani e permetterci di coglierla senza distrazioni. La veste teatrale si rivela perfetta per i brani scelti, esaltandone il lirismo decadente dei testi, che si intrecciano con suoni che sembrano venire da un’orchestra incantata.´Notte´, con i suoi tocchi dolenti e crepuscolari, dà il via a questo concerto in cui di intrecciano luce ed ombra, gioia e dolore, Eros e Thanatos (´La mia promessa´). E’ su queste dialettiche continue che si muove la voce di Godano, profonda i pezzi come ´La lira di Narciso´, sinuosamente dolente in ´Danza´ e ´Canto´, traboccante di emozione e gioia in ´Canzone sensuale´. A questo punto Godano può anche permettersi di tradurre l’indimenticabile capolavoro di George Harrison ´Here comes the sun´, mantenendone intatto il messaggio di speranza e la levigatezza. La cover dei Beatles segna una cesura tra le due parti del concerto. Con ´L’abbraccio´ ricomincia a pulsare l’anima rock dei Marlene, demone mai del tutto sopito sotto le ceneri di tanta delicatezza. Ed è con i bis di ´Sonica´ e ´Il vortice´ che i suoni tornano a farsi sulfurei come ´cupe vampe´, per citare i CSI (non sarà certo un caso la produzione artistica di Gianni Maroccolo, che ha spesso lavorato con la band). Ma inevitabilmente i due brani risultano arricchiti dall’esperienza della serata: la rabbia non si esprime con esplosioni di chitarra elettrica ma attraverso un continuo chiaroscuro creato da curati arpeggi, la voce declama più che urlare. I Marlene Kuntz decidendo di suonare in un teatro, ´luogo privo di distrazioni´ e in cui ´se nessuno si distrae gli errori li sentono tutti´; come scrivono nel booklet, hanno affrontato una nuova sfida, tecnica ed emotiva: ma il risultato, che fa venir voglia di inabissarsi e nuotare nelle note, è così bello che la sfida può ritenersi ampiamente vinta.