Giuseppe Righini Houdini
2015 - Ribéss Records / Audioglobe
Houdini è un lavoro da scoprire ascolto dopo ascolto, con i suoi testi ricchi di citazioni e le sue sonorità molto internazionali che, accompagnate da un’elettronica ben calibrata, ne arricchisce i contenuti scrollandosi di dosso l’etichetta del classico cantautore all’italiana. Basta ascoltare canzoni come Amsterdam e Magdalène per rendersene conto: una ballad esistenziale in cui il protagonista va alla ricerca del suo luogo di pace superando i confini, abbandonando luoghi e persone, guardando l’amore e il dolore negli occhi nel primo caso e la ricerca di un luogo di cui si sa l’esistenza, ma di cui non ci si ricorda le coordinate nel secondo caso, in un’esplosione pop che dona alla canzone una marcia in più.
Seppur accomunati da un tappeto sonoro comune, i brani rimandano ognuno ad esperienze sonore completamente diversi. Si passa dall’ipnotica, sia musicalmente che dal punto di vista testuale, Tic toc bar alle atmosfere più cupe di Non siete soli e Licantropia, passando all’ambientazione decadente di Bye bye Baba, per poi finire sull’elettronica pura con Nonsense dance. Tra i vari suoni campionati si scorgono anche batterie, chitarre e un violoncello, nate grazie alla collaborazione con Daniele Marzi (Licantropia) e il duo Miscellanea Beat che intervengono in Amsterdam e Non siete soli.
Un terzo disco, quello del cantautore romagnolo, che più che un nuovo approdo appare come un nuovo inizio dovuto al cambio di atmosfere e suoni rispetto ai due lavori precedenti Spettri sospetti (2008) e In apnea (2011). Una nuova strada promettente. Da tenere d’occhio.