Cristina DonÁ Dove sei tu
2003 - MESCAL
“Dove sei tu” conferma il senso di responsabilità che la Donà ha verso le proprie canzoni. Non sembra che siano passati quattro anni da “Nido”, come se la durata dei singoli pezzi dipendesse dall’incapacità della loro autrice di renderli prevedibili e definitivi.
Un disco del genere richiede coscienza e disciplina: non è un caso che la Donà vi si sia dedicata a lungo, andando a registrarlo anche in Inghilterra e facendolo produrre all’amico Davey Ray Moor dei Cousteau. Ne è uscito il suo album più complesso, per arrangiamenti, strumenti e interpretazioni, fatto tanto di rock quante di ballate ricercate, con archi e fiati.
Riprendendo l’immagine dello scrittore portoghese, si può dire che “Tregua” e “Nido” avevano osato suonare fuori dall’orchestra, convincendo la loro autrice che l’intento da perseguire era quello di suonare e di dire qualcosa di personale. E “Dove sei tu” è un disco non facile, ancora meno immediato dei precedenti.
Sin dal titolo, la musica è un interrogarsi, un viaggio dall’interno all’esterno, dal’io al tu. La Donà ha assecondato fino in fondo la sua inclinazione per i percorsi in salita, che forse le viene dalle montagne dove vive, e offerto una panoramica del cammino svolto in quattro anni a livello di scrittura, di composizione e di arrangiamento.
Se “Nel mio giardino” non si stanca di esalare la grazia soffusa di Robert Wyatt, “Triathlon” è un pezzo frontale, con colpi urbani, e “Truman show” un indie rock spigoloso: metafore di estasianti sensualità, di alienazioni o di cure maniacali, i testi rimangono nel territorio dell’inafferrabile, sfiorato e suggerito dal canto, come mai prima Cristina aveva fatto in studio.
La voce scandisce la lingua italiana e inglese, raddensa inclinazioni diverse fino a liquefarle in una. Valgano come esempio la title track, un pezzo amniotico scritto con Davey Ray Moor, e “L’uomo che non parla”, una ballatona con tanto di coro alpino-marinaresco, che nella loro diversità sono prova della medesima personalità.
A dimostrazione di quanti dischi diversi avrebbe potuto essere “Dove sei tu”, ci sono “Il mondo” con la fisarmonica di Alberto Cottica, l’intro alla Pearl Jam di “Give it back”, il progressive in formato carillon di “Salti nell’aria” e le spinte elettroniche del bonus di “Triathlon” con Max Casacci e Samuel dei Subsonica.
La Donà è riuscita nell’impresa di farne un unico disco unico, profondo ed omogeneo. Con la determinazione appunto di chi non si accontenta e vuole molto di più di una semplice parte da suonare.