live report
Cristina Donà Bergamo
Concerto del 01/04/2006
#Cristina Donà#Italiana#Canzone d`autore Indie-pop Pop Indie-rock
01 aprile 2006
Auditorium di Piazza della Libertà, Bergamo Una voce femminile e una chitarra. Nessuno conosce il suo nome. Da un certo periodo capita di ritrovartela sempre più spesso tanto ad aprire concerti dei La Crus, di Afterhours, addirittura del C.S.I., così come la incroci ad intrattenere un improbabile pubblico in sperduti locali di montagna o in pub fumosissimi che oggi non potresti nemmeno più immaginarli.
Il ricordo degli esordi di Cristina Donà conservano intatto il gusto di una scoperta inattesa, il brivido mai più ripetuto della nascita di un'autrice che da outsider si è via via saputa riconoscere il ruolo di voce tra le più significative del rock italiano.
Sono passati giusto dieci anni e tre dischi ufficiali (più una raccolta in lingua inglese), e rivedi condensato nell'immagine della calca fuori dall'auditorium il percorso che ha portato quel nome che allora ti sfiorava e al quale non prestavi nemmeno troppa attenzione a divenire oggi richiamo irresistibile, unico, per molti. Cristina Donà da sola, giusto come agli esordi, su un palco, è un appuntamento che non va ignorato. Una manciata di date giusto per mantenere la tensione di uno spettacolo essenziale, come l'allestimento che vede come unici strumenti sul palco un microfono e una chitarra, un pianoforte a coda e alcune percussioni a terra.
Giusto da qui ha inizio il concerto. L'auditorium è stracolmo e l'atmosfera è bollente, Cristina entra in scena, si accovaccia, introduce "Settembre" accompagnandosi china sulle percussioni con un effetto inedito e curioso. Gli applausi a scena aperta non imbarazzano più di tanto la ragazza, che annuisce mentre si alza e si sposta alla postazione dove l'aspetta la sua chitarra.
Intorno a sé alcune lampade, a terra, a stelo e sospese, a rappresentare il cuore scenografico di questo tour solitario e a guidare con un effetto ora piacevolmente casalingo, ora lunare, una scaletta vibrante che punta tutto sui brani più intriganti del suo repertorio.
Gli arrangiamenti puntano all'essenza della musica, all'origine stessa di brani in bilico tra l'angoscia urbana degli esordi e gli spazi aperti e sereni delle composizioni più recenti. La voce è limpida e dimostra il raggiungimento di una padronanza espressiva invidiabile, al limite del virtuosismo come quando imita il suono di una tromba correndo il rischio di apparire decisamente sopra le righe.
Nonostante ciò qualcosa par non funzionare nel bilanciamento complessivo dello spettacolo. Scivolare verso l'autocompiacimento è un errore che ancora la Donà non ha imparato ad evitare, e ciò rappresenta un occasione perduta. L'alone autocelebrativo che immancabilmente tra un brano e il successivo si riflette sulla sala e viceversa in un gioco di rimandi spesso imbarazzante, allenta la tensione che invece dovrebbe rappresentare uno degli elementi principali delle canzoni in gioco.
Sola con la chitarra a tracolla Cristina Donà non sarà Suzanne Vega come suggerirebbe il taglio di capelli, ma piuttosto una presenza accondiscendente, che in brani come "Piccola faccia", "Raso e chiome bionde", "Invisibile", "Goccia" (con in coda l'accenno di "Maryan" di Wyatt), "Stelle buone" e l'immancabile medley in chiusura di "Ho sempre me" con "Message in a bottle" e "State trooper", questi ultimi allietati dalla presenza strepitosa come sempre di Christian Calcagnile alle percussioni, ha convinto senza riserve una platea letteralmente in adorazione.
Oggi la Donà è un'autrice appagata e meno tesa di un tempo, più attenta ad assecondare il proprio pubblico, conducendolo per mano in un mondo denso di immagini e metafore, anziché offrendoglielo senza alternativa alcuna. Al termine del concerto, avviandomi verso l'uscita, si impossessa di me il pensiero sfrontato di quanto paradossalmente sarebbe stato preferibile ritrovarsi una sala semivuota, in un masochistico gioco al ribasso che forse avrebbe giovato allo spessore emotivo della serata. Certo riconosco che ricreare in toto l'atmosfera tanto frequentemente ostile e conflittuale che era in tutto e per tutto elemento di forza delle esibizioni di un decennio prima sarebbe oggi un'impresa impossibile. Una domanda insistente non mi dà tregua: meglio oggi o allora?
Scaletta:
01. Settembre
02. Piccola faccia
03. L'aridità dell'aria
04. In fondo al mare
05. L'ultima giornata di sole
06. Raso e chiome bionde
07. Salti nell'aria
08. Volevo essere altrove
09. Volo in deltaplano
10. Nel mio giardino
11. Invisibile
12. Goccia (+ Maryan - Wyatt)
13. Triathlon
14. Nido
15. Give it back (to me)
16. Mangialuomo
17. Stelle buone
18. Ho sempre me
(Message in a bottle, State trooper)