Andrew Bird Weather systems
2004 - RIGHTEOUS BABE / FARGO
Così è stato per gli albums di Bitch and Animal, di Hammell on Trial, di Drums & Tuba, tanto per fare qualche nome tra le più recenti pubblicazioni dell’etichetta di Buffalo. Alla “regola” non si sottrae nemmeno l’ultimo arrivato: Andrew Bird non è però un novellino, avendo già alle spalle tre cd e un Ep con i Bowl of fire, oltre a collaborazioni con musicisti del calibro di Howe Gelb e attori/registi come Tim Robbins (per la colonna sonora di “The cradle will rock”).
Questo “Weather Systems” è un Ep di nove brani, per poco pià di mezz’ora, che riempie e soddisfa con un pop originale, spesso radicale, tanto nell’approccio quanto nelle combinazioni.
Cantautore e violinista, Andrew ricorda a tratti Damien Rice per la delicatezza della canzone: dell’irlandese non ha il pathos sofferto e vira con delicatezza verso un pop, a tratti ardito e fantasioso come un giovane David Byrne.
Per l’occasione ha adibito a studio di registrazione una fattoria dell’Illinois lavorando in un’atmosfera in bilico tra il folk tradizionale americano e il pop da camera, che traspira in ogni brano del disco e anche nella traccia interattiva in cui lo si vede interpretare, solo voce e violino, un brano degli Handsome Family.
Prive del basso, accompagnate da una space guitar e dalla seconda voce di Nora O’Connor, le canzoni si muovono con grande delicatezza assumendo arie di musica classica e cantilene da folk music: dall’iniziale adattamento di una poesia di Galway Kinnell a “Dont’ be scared” tutto si muove lievitando come una nuvola.
Bird riesce nell’impresa di crearsi un suono che ha la nobiltà di un solfeggio e il senso di ricerca di un’avanguardia, leggera e quotidiana come il pop.
L’Ep è ricco di sfumature: un fischio morriconiano, un organo, un glockenspiel e un minimo di loops arrichiscono i pezzi senza riempirli, lasciando affascinati, a guardare il cielo come sdraiati su un prato in un pomeriggio estivo.
Bird declama e sussurra le sue canzoni, le lascia cadere e poi le risolleva con un violino che non fa solo da accompagnamento: ora è una vera e propria voce, ora dispensa gocce di rugiada.
Viene quasi spontaneo accostarlo ad un’ideale generazione di pop-folkers, in compagnia di Ron Sexsmith e pochi altri. Ma le canzoni di “Weather Systems” si muovono con una libertà tutta loro, che potrebbe condurle su rotte impreviste, anche burrascose: sarebbe comunque bello se le previsioni abbozzate in questo Ep, venissero confermate in un cd a venire nel tempo.