Just For One Day - The music around David Bowie<small></small>
Jazz Blues Black • Jazz

Max De Aloe Quartet Just For One Day - The music around David Bowie

2020 - Barnum For Art

27/10/2020 di Pietro Cozzi

#Max De Aloe Quartet#Jazz Blues Black#Jazz #Roberto Olzer #Marco Mistrangelo #Nicola Stranieri #David Bowie

Just For One Day è ovviamente un riferimento scoperto, ma il sottotitolo, come spesso capita, aggiunge un elemento chiave per la comprensione di tutto il lavoro: quel che ci aspetta non è un compitino a base di cover ma un “discorso intorno a David Bowie”, cioè un incontro tra due estetiche, quella del Duca Bianco e quella del Max De Aloe Quartet. Ne vien fuori così un Bowie dolcemente malinconico e anche un po' italo-mediterraneo, trascinato oltre la sua aura irresistibilmente decadente e riletto dentro un percorso che ricostruisce alcuni dei suoi brani più famosi. In più, ecco cinque brani originali (quattro più una variante), scritti da De Aloe, che combaciano al meglio con l'atmosfera generale del disco.

A dare ulteriore profondità e umanità a Just For One Day contribuisce la storia che sta dietro alla sua lavorazione, e che ne ha in parte influenzato gli esiti. Il giorno in cui il quartetto avrebbe dovuto entrare in studio, in marzo, De Aloe avverte i primi sintomi del Covid 19, l'irriducibile pestilenza che sta sconvolgendo le vite e scompaginando le certezze di tutti noi. La malattia dura più di un mese, con inevitabili e dolorosi strascichi per chi suona uno strumento a fiato, e imporrebbe un lungo riposo. La decisione però è di tornare a registrare già in luglio, lavorando in presa diretta, in un solo giorno, e cercando di “incidere” anche la fatica, la mancanza di fiato, la fragilità del momento. “Ci sono dei passaggi nella registrazione in cui sento che avrei potuto dare di più”, spiega Max nelle note di copertina, “ma questa è la fotografia mia, di oggi, senza finzioni da Photoshop”. Il disco si arricchisce così di un'amara riflessione sul dolore, sulla malattia e sulle cose ultime dell'esistenza, in perfetta assonanza con le tematiche di Blackstar (2016), lo straordinario testamento artistico-spirituale di Bowie, uno degli apici della storia musicale del terzo millennio. E tra gli highlights brillano proprio due tracce di quell'album: l'asciutta e commovente rilettura di Lazarus e quella, a ritmo latino, di Dollar Days.

Le canzoni sono riproposte nella loro nuda bellezza melodica, risistemando le parti armoniche e aggiungendo ovviamente un pizzico di improvvisazione, con assoli brevi e ben incastonati. Non si ci allontana mai troppo dagli originali, e al contempo vien fuori tutta la personalità del quartetto, che conta ormai più di 15 anni di storia. L'armonica cromatica si prende i suoi spazi senza strafare, il piano (Roberto Olzer) arricchisce la tavolozza delle emozioni, con tanti riferimenti diversi, mentre il contrabbasso di Marco Mistrangelo è sempre protagonista e la batteria di Nicola Stranieri rappresenta sottotraccia l'onnipresente anima inquieta del disco. Il risultato è un'ora di musica magica e ammaliante, che si muove con agilità tra jazz e rock, capace di attrarre sia i bowiani di più stretta osservanza che i frequentatori più episodici dell'arte del Duca Bianco.

La title track rappresenta forse la miglior dichiarazione programmatica dell'intero lavoro, un brano scritto ad hoc ma intriso di riferimenti alla poetica del supremo ispiratore di Just For One Day. Poi la porta si spalanca su una sequenza di classici immortali. Life On Mars si avvale di un assolo centrale e di uno “a uscire” del pianoforte, che si sviluppano tra jazz e musica classica, mentre Space Oddity e Heroes si fregiano di ispirate introduzioni. Quest'ultima in particolare è oggetto di uno straordinario lavoro di decostruzione-ricostruzione che ne fa uno dei vertici del disco, in un crescendo di emozioni dove ciascuno aggiunge la sua parte, dalla struggente poesia del contrabbasso suonato con l'archetto, al decollo spaziale dell'armonica, alle punteggiature del pianoforte: davvero un piccolo viaggio interstellare (siamo pur sempre tra Marte e fantasiose storie di alieni...) con atterraggio morbido. Non poteva ovviamente restar fuori This Is Not America, prima probabile liaison tra il Duca Bianco e il jazz, che in quell'occasione fu accompagnato dal Pat Metheny Group: qui però il finale morde alla grande e i tamburi di Stranieri spronano l'armonica in un crescendo quasi rock.

La sequenza dei tre originali 52-Passengers-Deep Blue costituisce invece quasi un piccolo disco nel disco, ed è l'occasione per allungare i tempi e sciogliere le briglie al quartetto. Cinquantadue sono gli anni di De Aloe, riassunti nel tema più complesso ed elaborato, che disegna scorci di composta serenità ma forse significativamente indugia e stride sulle lunghe note finali. Passengers è più incerta e contrastata, e l'assolo di contrabbasso che subentra alla melodia contribuisce ad amplificare queste sensazioni. Deep Blue richiama infine le atmosfere algide e nordiche di Valo (2017), il disco registrato da De Aloe in trio con Niklas Winter e Jesper Bodilsen: il tema a spirale, che scava dentro cupe profondità, è replicato nell'ultima traccia in versione per sola armonica.

 

 

 

 

Track List

  • Just For One Day
  • Lazarus
  • Life On Mars
  • This Is Not America
  • Space Oddity
  • Heroes
  • Dollar Days
  • 52
  • Passengers
  • Deep Blue
  • Ziggy Stardust
  • Heroes (alternate take)
  • Deep Blue (alternate take)

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