live report
Max De Aloe Quartet Bia Jazz - Coop Rinascita
Concerto del 05/03/2016
#Max De Aloe Quartet#Jazz Blues Black#Jazz Fisarmonica soul/jazz Bjork Armonica
L’apertura di questa sera del quintetto Black Milk ne è una conferma: doppia voce (Alessia Turcato e Chiara Lucchini ambedue giovanissime e determinate) e buona sezione ritmica (Francesco Carcano al basso, Enrico Pirola alla batteria) su cui svetta il pianismo funk/jazz di Edoardo Maggioni. Ed è proprio da un rarefatto, quanto incisivo, Funk/Jazz anni ’70 che partono le interessanti riletture di classici del jazz quali It Don’t Mean A Thing, Caravan, Speak Low o la finale In A Sentimental Mood sostenuta da una tastiera, e da una ritmica, che ricorda il miglior Stevie Wonder anni ’70 (quello di Superstition tanto per intenderci).
Lo schema delle due voci, che si dividono i temi tra strofa e corus alternandosi e duettando nei soli, regge bene sino alla fine grazie alle belle scelte fatte e agli intelligenti arrangiamenti.
Dopo una mezzora di musica, seguita da un meritato bis, è la volta del Max De Aloe Quartet.
Il quartetto dell’armonicista (e fisarmonicista) è ormai una certezza della scena jazz e lo stile del leader aspira naturalmente a un riconoscimento internazionale. Il concerto di questa sera ha, come centro tematico, la musica di Bjork, rielaborata dal quartetto nel bel Bjork On The Moon del 2012, ma spulcerà, come è giusto, anche tra altri episodi della discografia dell’armonicista di Busto. Si inizia con una accoppiatal Hyper Ballad/ I’ve Seen It Al di grande spessore che definisce, nello stesso tempo, le grandi capacità compositive della musicista islandese e le coordinate del quartetto di De Aloe. Una attenzione ai temi e a una ri/composizione (arrangiamento) che non butti li semplicemente una (piccola) idea su cui suonare sopra, ma che costruisca e sostenga continuamente il suonare. L’esecuzione di Bjork On The Moon, a firma dello stesso De Aloe, non fa che confermare questa idea e mette in evidenza un’altra caratteristica: la capacità di scrivere brani con una chiara intenzione narrativo/cinematografica che, fortunatamente, mai si appesantisce in alcun modo. Risulta fondamentale, in questo senso, l’affiatamento del quartetto. Marco Mistrangelo al basso (veramente bello il suo assolo su Il Bosco Chiamato Respiro) e Nicola Stranieri interpretano i tempi e i moods dei brani con grande naturalezza e attenzione. Roberto Olzer, pur penalizzato da una tastiera Nord al posto del piano elettrico (bloccato, come raccontato da un esilarante De Aloe, sotto la nevicata della notte precedente nella baita di montagna dove vive il tastierista) è sempre sensibile e l’unico brano della serata in cui la mancanza di un suono pianistico “vero” è risultata un handicap è risultato essere l’Ouverture di Dancing in the Dark.
La comparsa di una splendida armonica bassa tra le mani di De Aloe in un paio di brani non fa che aumentare il fascino e la bellezza della serata sempre più in piacevole bilico tra una intensa e studiata leggerezza popolare e richiami a un secondo ‘900 “semicolto” dei Piazzola (nella già citata Il Bosco… ad esempio) o di certo Jazz europeo (quasi a caso citerei in questo senso la cantabilità di un Trovesi/Coscia o di un Petrucciani). Nella dolce Ui Giuan Marcora fa la sua comparsa una fisarmonica e i suoi contrappunti al solo di Olzer ne accentuano un’intensità sorretta magistralmente dalla sezione ritmica, mentre la bjorkiana Come To Me spinge verso i territori di morbido funk jazz praticati in apertura di serata dai Black Milk. A rimarcare poi una attenzione non comune al pop/rock meno banale giunge, dal bell’album Borderline, una interessante rilettura di Smells Like Teen Spirit. Una intensa Gloomy Sunday e una trascinante Vuelvo Al Sur di Astor Piazzolla, suonata splendidamente alla fisarmonica, chiudono con intensità un set che coniuga felicemente poesia e tecnica.
Il bis, con le monkiane Ruby, My Dear e In Walked Bud, non farà che confermare la caratura del quartetto anche nella capacità di far emergere leggerezza in ciò che leggero non è (se non in apparenza).
Il Bia Jazz, dopo il concerto di sabato 12 marzo con il Bebo Ferra Voltage Trio e il Gabriele Boggio Ferraris Quartet, si è concluso, il 18 Marzo, con una serata interamente dedicata all’AREA Open Project Trio di Fariselli/Micheli/Paoli.
Black Milk
It Don’t Mean A Thing
Caravan
Speak Low
In A Sentimental Mood
Max De Aloe Quartet
Hyper Ballad
I’ve Seen It All
Bjork On The Moon
Dancing In The Dark Ouverture
Il Bosco Chiamato Respiro
Ui Giuan Marcora
Come To Me
Smells Like Teen Spirit
Gloomy Sunday
Vuelvo al Sur
Bis
Ruby My Dear/In Walked Bud
Foto (per cortesia del caso) di Paola Prandini e Paolo Ronchetti