Max De Aloe Quartet Borderline
2014 - Abeat
Già il suo Apnea (2009) aveva dato prova di come il musicista risentisse delle positive vibrazioni della letteratura, giapponese in quel caso, per poi arrivare al Bjork on the moon (2012) che ne rivelava l’apertura verso forme musicali del nostro tempo.
Episodi qualificanti che trovano riscontro in questo Borderline, che il musicista lombardo realizza a valle di una visita ad una mostra di artisti socialmente “folli” organizzata a Ravenna nel 2013.
La lettura di opere realizzate da persone considerate ai margini della “normalità”, pittori emersi in ospedali psichiatrici o celle di detenzione, ha stimolato in Max l’urgenza di esprimersi capitalizzando la propulsione di un “Art Brut” vissuta come invito alla comunicazione.
Qui sta uno degli elementi principali di interesse e di rilievo del disco; molto facile sarebbe stato lasciarsi andare a provocazioni e a gratuiti slanci sopra le linee ma la sintonia che il gruppo vive si orienta all’espressione e non allo sfogo, la musica si apre e non sbattacchia l’ascoltatore, anzi.
Pop, rock, timbri da “Rive gauche”, jazz, classica e contemporanea si presentano in un carosello non antologico ma di crossover organico a un sentire musicale integrato, la cui personalità sta proprio nel valutare e rivalutare tutto con una delicatezza frutto del rispetto e non dell’apatia.
Pop? Little Monkey Smokes a Pipe ricorda stilemi di Bacharach in cui la raffinatezza non é manierismo ma ricerca delle sfumature. See Emily Play si sgancia dal clichet del lisergico e si sublima nel gioco divertito.
Rock ? Smells Loke Teen Spirit appare un riferimento coerente per il suo richiamo ad una realtà a cavallo tra successo e sofferenza, tra massa e solitudine, il tutto purtroppo senza una soluzione finale. La citazione risulta estremamente convincente rispetto al concept dell’album.
Jazz? Ruby My Dear e In Walked Bud, entrambe di Monk, si adeguano perfettamente al progetto proprio per quel senso di funzionalità che il pianista del bop riuscì dare all’inusuale, all’errore, all’impegno fuso con l’ironia; qui è da sottolineare, per il secondo brano, l’effetto quasi onomatopeico che il combo riesce ad ottenere. Tra i vertici del lavoro.
“Rive Gauche”? Due di noi potrebbe essere cantato da Aznavour o potrebbe accompagnare il lento andare di un barcone sulla Senna in una Parigi surreale; il binomio tra introspezione e comunicazione raggiunge una soluzione convincente in questo breve cammeo.
“Contemporanea”? Wolfli ricorda un cabaret fugato alla Kurt Weill il cui grottesco si risolve nella parte solare dell’armonica; anche qui il dipolo tra opposti trova una sua sintesi manifestando un altro elemento di interesse e di caratterizzazione del disco.
“Classica”? Andante e Cantabile di Schuman è un riferimento interessante; l’originale ha un carattere molto romantico con il violoncello in prominenza, intenso simbolo di spiritualità; qui l’armonica non riesegue ma riarrangia certamente rispettando l’intensità ripresa poi dal basso / piano punteggiati. Fu il primo brano concluso da Schuman per le esecuzioni cameristiche, dopo averne scartati diversi; non sappiamo se il combo l’ha scelto per questo motivo, simboleggiando l’esito dopo i fallimenti, ma in ogni caso la coincidenza è felice.
Comunque se proprio avete ansia di sintesi il consiglio è di ascoltare, meditare e quindi vivere Atea Preghiera, eseguita e riproposta in chiusura del disco. Il brano è dedicato a Carlo Zinelli, uno degli artisti di maggior rilievo del filone artistico in questione; ricorda come compostezza, sobrietà e dignità il requiem laico di Brahms; sommesso, teso (si ascoltino alcuni passaggi al piano e l’organo nella ripresa) , a tratti sussurrato nelle dinamiche, riesce a celebrare senza incensare. Per chi scrive il meglio del disco.
Che dire, un gran bel lavoro: intensità dell’ispirazione, senso dell’equilibrio, ricerca delle sfumature, sapienza esecutiva, cultura e apertura intellettuale ne fanno un manifesto di pregio. Sarà apprezzato? Ci auguriamo di sì anche se i fatti oggi autorizzerebbero al pessimismo.
Smentiteci, saremo i primi ad esserne contenti.