L’armonica Jazz ha sicuramente maestri riconosciuti ma, a volte, poco apprezzati. Lo strumento è spesso usato con una ricerca eccessiva della ´cantabilità´ e raramente è, per quello che ho in questi anni avuto il piacere di ascoltare, realmente incisivo. Il bustese Max De Aloe, con il suo quartetto, non si distacca dalla linea tracciata dai maestri ma riesce a trovare, in questo ´Bradipo- La Lentezza E L’arte Della Manutenzione Del Jazz Freddo´, una voce esecutiva interessante e personale. Subito balza all’orecchio l’ottimo interplay del quintetto e questo giova a tutte le composizioni in cui spiccano, oltre ai brani del leader e i due bei brani a firma del contrabbassista Marco Mistrangelo e del pianista Marco Olzer, una inattesa ´Pink Floyd Suite´ e un omaggio a Nino Rota. ´Bradipo´ è un album in qualche modo cinematico sia nelle intenzioni che nell’ascolto. Sempre pronto, più che a sorprendere, a narrare storie ed a viaggiare o, meglio ancora e più spesso, disposto a seguire storie già raccontate: ´L’aria in mezzo´, la malinconica apertura del disco, è ispirata al film ´Mare Dentro´ di Alejandro Amenàbar; ´Pianosequenza´, uno dei momenti più mossi del disco e che si apre con un vivace e interessante scambio tra l’armonica cromatica del leader e la batteria di Nicola Stranieri, omaggia l’hitchcockiano ´Nodo Alla Gola´; ´Lee & Jackson´ è ispirato all’amore disperato e affascinante tra Lee Krasner e Jackson Pollock, come raccontato da Ed Harris del 2000. La seconda traccia, il bozzetto ´Bradipo´, ha una aria sognante, dinoccolata e indolente con punte ironiche che il bravo Max De Aloe si ritaglia negli spazi sospesi tra i corus. ´Partiamo All’alba´ non potrebbe avere altro titolo! È il brano più ´pop´ del lotto, piacevolmente radiofonico e memorizzabile potrebbe vagamente ricordare la cantabilità methiniana e, nel mio mondo all’incontrario, potrebbe essere un bel tormentone! Della suite floydiana il primo frammento, ´Breast Milk´, tratto da ´Atom Heart Mother´, viene introdotto, e nobilitato, da un’intro con esposizione del tema da parte del bassista Marco Mistrangelo che indovina sospensioni e fraseggio rubando luce all’esposizione del leader che non riesce invece a centrarla in modo così ricco di Pathos (cosa che gli riesce invece benissimo nel bellissimo ed intenso break successivo). Gli altri frammenti della suite riprendono Sheep (da Animals) e il nono e ultimo movimento di ´Shine On You Crazy Diamond´. La chiusura dell’album è affidato alla felliniana/rotiana ´La Strada´ in una versione dilatata e sognante. In definitiva un bel disco e, ancor di più, la sensazione di trovarsi davanti ad un personaggio disposto a lavorare, oltre che sulla propria voce strumentale e su quella del gruppo, ad un’idea progettuale chiara, riconoscibile e, spesso, affascinante.