Massimo Zamboni L’orizzonte degli eventi
2005 - RADIOFANDANGO / EDEL
Di sicuro non si può partire da qui, da questa colonna sonora, che è solo una tappa di un lungo viaggio, una delle più brevi, in transito tra un disco e un altro, tra un libro e un altro.
In attesa di un seguito a quel “Sorella sconfitta” che era stato uno degli album più intensi della stagione 2004 e nel mezzo di una serie di date con Nada, Zamboni è tornato a lavorare su una colonna sonora, come suo solito, nei tempi intermedi tra un progetto e l’altro.
“L’orizzonte degli eventi” esce per la Radiofandango, che non è nuova a questo tipo di operazioni, basti pensare a “Primo amore” affidata alla Banda Osiris o ad altri progetti cinematografici con importanti costole musicali come “L’ultimo bacio” o “Lavorare con lentezza”. Si tratta di un accompagnamento sonoro all’omonima pellicola di Daniele Vicari con protagonista Valerio Mastrandrea.
Bisogna notare che non è una collaborazione nuova avendo Zamboni già lavorato con lo stesso regista per “Velocità massima”. Questa raccolta non è quindi un incidente di percorso, ma ne è piuttosto una parte minima: sedici tracce per lo più strumentali, suonate con l’aiuto del piano di Loris Antoniazzi.
Solo la conclusiva “Pied beauty” si può definire una canzone vera e propria, grazie anche all’intervento della voce di Fiamma. Per il resto il disco si compone di commenti sonori che non andrebbero giudicati e forse nemmeno ascoltati senza aver prima preso visione del film.
Emerge comunque il lavoro di composizione e di arrangiamento ed emerge soprattutto la mano di Zamboni come strumentista, abile nel ridurre ai minimi termini materie aspre e complesse, anche se le tracce, prese di per sé, risultano troppo spesso degli esercizi sonori.
Tra richiami di chitarre e tocchi di pianoforte, i pezzi si appoggiano sui loro stessi echi, producendo un effetto tanto fisico quanto indefinito, adatto per dare uno sfondo allo spaesamento narrato nel film. Come il protagonista della pellicola, Zamboni ha lavorato sulla fisica dei pezzi, combinando e strutturando codici tutt’altro che appariscenti. La musica, a tratti arricchita da un’effettistica minimale, si sviluppa soprattutto su “Randagio” e sulla title-track, che sembrano essere i pezzi fondanti del lavoro, a cui le restanti tracce fanno da intermezzi più o meno complementari.
Alla fine, a forza di indagare sulle possibili combinazioni di una materia poco concreta come quella interiore, anche la già citata “Pied beauty”, che è il brano più formato e cantato del disco, risulta a dir poco aleatoria: è la giusta chiusura per un film e per un disco che descrivono le crepe della natura umana.