Massimo Zamboni La mia patria attuale
2022 - Universal Music Italia
Così Massimo Zamboni presenta il suo ultimo disco La mia patria attuale. E cerca di affrontare un tema decisamente complicato e controverso in un’Italia in cui il 25 Aprile ancora non è oggetto di memoria condivisa da parte di tutte le forze che dovrebbero rappresentarci in Parlamento. Eppure nell’ascoltare l’album (perché sì, qui si richiede un approccio all’ascolto da album, non saltando da un brano a un altro come in una playlist) c’è una cosa che emerge ancora prima della valenza per certi versi politica (ma andando proprio a scavare nelle radici del termine, la polis greca): La mia patria attuale è un inno all’umanità. Quell’umanità che probabilmente qualcuno si scorda quando legge degli sbarchi e non riesce a ricordarsi che si tratta di persone e non di oggetti. “Dio è carne e latte per alcuni, un viaggio per milioni” canta Massimo ne Gli altri e il mare, quasi un salmo laico. Perché poi certe cose dovrebbero unire a prescindere da religione o ateismo. Cullate da chitarra e bouzouki le parole ti raggiungono come le onde del mare, e ti fanno sentire piccolo e indifeso. Canto degli sciagurati riporta più alle atmosfere rock e insieme tribali dei C.S.I. (Linea Gotica, Tabula Rasa Elettrificata), mentre si rimarca l’aumentare delle diseguaglianze (“chi non ha avuto casa ancora, casa non avrà”). È uno dei pochi momenti in cui il suono realizzato da Zamboni e i suoi musicisti (torna anche Cristiano Roversi, già presente in Sonata a Kreuzberg) pesca dal versante rock di quel passato importante. La scelta stilistica è di un sound a volte molto stratificato (Italia chi amò) altre più essenziale ma che comunque non consenta di distrarsi dalle parole, dai quadri che sembrano dipingere, un approccio quasi gucciniano: “Ma verrà il tempo che germina il grano, s’aprirà un solco sui volti infelici, verrà quel tempo e ci sembrerà strano di essere stati l’un l’altro nemici” (Tira ovunque un’aria sconsolata). Un sentirsi Patria che dovrebbe passare per il riconoscersi umani, soggetti agli stessi strali della sorte e della Storia.
Il modo emiliano di portare il pianto è sostanzialmente parlato, non canto. Ascoltandola si legge tanta Storia di un territorio, della globalizzazione: “questa terra indocile non teme di lasciarsi attraversare”. E viene da pensare che La mia patria attuale dovrebbe fare il giro nelle scuole. Perché è testimonianza e pensiero critico. Che sono qualcosa di cui abbiamo davvero bisogno.