La Crus Proteggimi da ciò che voglio
2024 - Mescal - distribuzione Ada Music Italy
#La Crus#Italiana#Canzone d`autore ##Bagana B District Music #Gianni Guastella
qui; e penso che la definizione "un suono che ha conservato tutta l’interiore carica implosiva di una poetica sofferta e mai scontata" può calzare perfettamente anche ora, quando il gruppo si è riunito per riflettere su questi tempi, e su quelli passati, e condividere i loro pensieri con noi.
Mentre ascolto la splendida, intensa voce di Mauro Ermanno Giovanardi, intatta dopo oltre trent'anni (trent'anni!), rileggo anche le parole di Christian Verzelletti in questa recensione di Infinite possibilità, del 2005 (2005!), e mi ci ritrovo: "in ogni pezzo si insinua qualcosa che va oltre la solita intimità della canzone pop italiana: umori e interpretazioni, quasi delle ipotesi di vita che si possono realizzare come mancare."
Mentre ascolto le dieci tracce, e mi sorprendo per l'impatto delle nuove composizioni e per la freschezza delle due conosciute, poste come bonus tracks (una sinfonica Io Confesso con il contributo di una lirica Carmen Consoli, e un'elettronica Come ogni volta, col duo delle meraviglie Colapesce Dimartino), recupero nella memoria l'immagine creata dall'artista statunitense Jenny Holzer, Protect Me From What I Want. Questa:
Questo è anche il titolo di un documentario sull'opera di colei che trasformò i truismi in arte, oltre a essere il titolo di un brano dei Placebo; e bene hanno fatto i La Crus a porlo come suggello del loro lavoro. Perché, a modo suo, anche la forma canzone, come la intendono i musicisti di qualità, fa guerrilla marketing. Ampliandone il concetto, gli autori quindi destrutturano alcuni aforismi e verità ovvie, e li trasformano in musica e parole, che a volte suonano come ammonimenti, altre come provocazioni, altre ancora come pensieri articolati e profondi, che scuotono chi ascolta, modificandone il sentire nei confronti delle cose.
Più che un disco, quindi: un progetto compiuto, che veste di sonorità poliedriche un approccio al mondo contemporaneo molto stimolante, in un momento - storico e sociale - in cui le banalità imperano, ma restano tali. Gli autori (Cesare Malfatti, Mauro Ermanno Giovanardi, Alessandro Cremonesi, nella title track anche Matteo Cantaluppi) invece, quando scrivono "Il sì è sempre silenzioso / rispetto al no / Si alza l’onda del frastuono / annegherò" come in Shitstorm, sostenuta da una linea di piano avvolgente e riflessiva, scolpiscono la realtà in modo più concreto, e si direbbe definitivo, rispetto alle "verità ovvie" di Holzer.
Un esempio limpido è brano che ha come titolo la famosa frase motivazionale Mangia dormi lavora ripeti, e che, seguendo un ritmo incalzante dominato dall'elettrica, diventa il titolo di un brano drammatico, che scandisce l'alienazione contemporanea: "Non ti stupire se sei devastato / se sposti il tuo limite sempre più in là / Se un vuoto dentro ti toglie anche il fiato / la vita normale è un passo più in qua". E sulla stessa linea si colloca la traccia che prende il titolo dell'album, che ci dice che abbiamo tutto, tranne il tempo per soffermarci a gustarne la bellezza, mentre la voce di Barbara Cavaleri incarna il dolore e l'ansia, e la tromba di Gianni Sansone sottolinea questa lacerazione.
I suoni vanno in totale accordo con la filosofia dei testi, approfondendone il significato e segnando il nostro immaginario; le chitarre, le programmazioni e gli intonarumori di Cesare Malfatti, coi campionamenti di Alex Cremonesi e Matteo Cantaluppi (anche tastiere, basso, elettriche), danno spessore ipnotico e futuribile ai brani (Io non ho inventato la felicità, Sono stato anch'io una stella), mentre le tastiere di Lele Battista e la tromba e il flicorno di Paolo Milanesi danno fiato all'amara riflessione di Discronia.
L'indagine poetica del gruppo attraversa ogni aspetto dell'esistenza quotidiana, dai rapporti interpersonali a quelli di coppia, dalla nostra relazione col senso della vita a quella col neoliberismo, fino ai conati di una rivoluzione che si farà sempre il giorno dopo ("La rivoluzione non passa di qui / il mondo lo cambiamo lunedì"), sulla scia di Giorgio Gaber in Qualcuno era comunista ("...perché la rivoluzione? Oggi, no / Domani forse, ma dopodomani sicuramente!") ne La rivoluzione, che vede la partecipazione di Vasco Brondi e di Slavoj Zizek, filosofo, sociologo e politologo sloveno, che ci ammonisce: "every fascism is an index of a failed revolution".
Siamo stati anche noi stelle spente, sussurra Giovanardi in Sono stato anch'io una stella, permeata dai suoni trip hop delle tastiere e dai beat elettronici, e abbiamo visto passare nove miliardi di storia; ci piaceva "così tanto / sorgere e tramontare / soprattutto in fondo al mare / Soprattutto in fondo amare". Il lavoro idealmente si conclude qui - anche se le due bonus tracks prima citate sono di assoluto valore -, con un invito molto vicino ai truismi di cui si scriveva prima. Se riuscissimo a "soprattutto in fondo amare", potremmo tornare ad accenderci, come figli delle stelle.
Ed è proprio questo che i La Crus intendono col loro lavoro, come scrivono: "Ed è per questo che fra di noi, abbiamo ironicamente coniato un nuovo termine che descrive questo lavoro: Canzoni Polietiche.
Politiche, poetiche e soprattutto etiche.
Sperando che chi ci ha seguiti fin dai primi lavori, e in questi lunghi anni di assenza ci ha continuato ad ascoltare, insieme a un nuovo e ipotetico pubblico, possa condividere questa visione, questa crescita e consapevolezza, che possa apprezzare e continuare a emozionarsi, perché queste nuove canzoni sono il frutto di lunghe riflessioni e di un sincero amore per la musica. Non sappiamo fare altrimenti.
Entrate a guardarvi dentro e intorno insieme a noi.”
Un disco che può medicare le nostre ferite. E farci splendere, di nuovo.
A breve, il tour...intanto, aspettiamo il 28 marzo a Lugano, RSI, e il 10 maggio a Milano, Santeria Toscana.
Mentre ascolto Proteggimi da ciò che voglio, il nuovo (nuovo!) disco dei La Crus (La Crus!), rileggo l'incipit del live report che Andrea Salvi scrisse ventun (ventun!) anni fa proprio Mentre ascolto la splendida, intensa voce di Mauro Ermanno Giovanardi, intatta dopo oltre trent'anni (trent'anni!), rileggo anche le parole di Christian Verzelletti in questa recensione di Infinite possibilità, del 2005 (2005!), e mi ci ritrovo: "in ogni pezzo si insinua qualcosa che va oltre la solita intimità della canzone pop italiana: umori e interpretazioni, quasi delle ipotesi di vita che si possono realizzare come mancare."
Mentre ascolto le dieci tracce, e mi sorprendo per l'impatto delle nuove composizioni e per la freschezza delle due conosciute, poste come bonus tracks (una sinfonica Io Confesso con il contributo di una lirica Carmen Consoli, e un'elettronica Come ogni volta, col duo delle meraviglie Colapesce Dimartino), recupero nella memoria l'immagine creata dall'artista statunitense Jenny Holzer, Protect Me From What I Want. Questa:
Questo è anche il titolo di un documentario sull'opera di colei che trasformò i truismi in arte, oltre a essere il titolo di un brano dei Placebo; e bene hanno fatto i La Crus a porlo come suggello del loro lavoro. Perché, a modo suo, anche la forma canzone, come la intendono i musicisti di qualità, fa guerrilla marketing. Ampliandone il concetto, gli autori quindi destrutturano alcuni aforismi e verità ovvie, e li trasformano in musica e parole, che a volte suonano come ammonimenti, altre come provocazioni, altre ancora come pensieri articolati e profondi, che scuotono chi ascolta, modificandone il sentire nei confronti delle cose.
Più che un disco, quindi: un progetto compiuto, che veste di sonorità poliedriche un approccio al mondo contemporaneo molto stimolante, in un momento - storico e sociale - in cui le banalità imperano, ma restano tali. Gli autori (Cesare Malfatti, Mauro Ermanno Giovanardi, Alessandro Cremonesi, nella title track anche Matteo Cantaluppi) invece, quando scrivono "Il sì è sempre silenzioso / rispetto al no / Si alza l’onda del frastuono / annegherò" come in Shitstorm, sostenuta da una linea di piano avvolgente e riflessiva, scolpiscono la realtà in modo più concreto, e si direbbe definitivo, rispetto alle "verità ovvie" di Holzer.
Un esempio limpido è brano che ha come titolo la famosa frase motivazionale Mangia dormi lavora ripeti, e che, seguendo un ritmo incalzante dominato dall'elettrica, diventa il titolo di un brano drammatico, che scandisce l'alienazione contemporanea: "Non ti stupire se sei devastato / se sposti il tuo limite sempre più in là / Se un vuoto dentro ti toglie anche il fiato / la vita normale è un passo più in qua". E sulla stessa linea si colloca la traccia che prende il titolo dell'album, che ci dice che abbiamo tutto, tranne il tempo per soffermarci a gustarne la bellezza, mentre la voce di Barbara Cavaleri incarna il dolore e l'ansia, e la tromba di Gianni Sansone sottolinea questa lacerazione.
I suoni vanno in totale accordo con la filosofia dei testi, approfondendone il significato e segnando il nostro immaginario; le chitarre, le programmazioni e gli intonarumori di Cesare Malfatti, coi campionamenti di Alex Cremonesi e Matteo Cantaluppi (anche tastiere, basso, elettriche), danno spessore ipnotico e futuribile ai brani (Io non ho inventato la felicità, Sono stato anch'io una stella), mentre le tastiere di Lele Battista e la tromba e il flicorno di Paolo Milanesi danno fiato all'amara riflessione di Discronia.
L'indagine poetica del gruppo attraversa ogni aspetto dell'esistenza quotidiana, dai rapporti interpersonali a quelli di coppia, dalla nostra relazione col senso della vita a quella col neoliberismo, fino ai conati di una rivoluzione che si farà sempre il giorno dopo ("La rivoluzione non passa di qui / il mondo lo cambiamo lunedì"), sulla scia di Giorgio Gaber in Qualcuno era comunista ("...perché la rivoluzione? Oggi, no / Domani forse, ma dopodomani sicuramente!") ne La rivoluzione, che vede la partecipazione di Vasco Brondi e di Slavoj Zizek, filosofo, sociologo e politologo sloveno, che ci ammonisce: "every fascism is an index of a failed revolution".
Siamo stati anche noi stelle spente, sussurra Giovanardi in Sono stato anch'io una stella, permeata dai suoni trip hop delle tastiere e dai beat elettronici, e abbiamo visto passare nove miliardi di storia; ci piaceva "così tanto / sorgere e tramontare / soprattutto in fondo al mare / Soprattutto in fondo amare". Il lavoro idealmente si conclude qui - anche se le due bonus tracks prima citate sono di assoluto valore -, con un invito molto vicino ai truismi di cui si scriveva prima. Se riuscissimo a "soprattutto in fondo amare", potremmo tornare ad accenderci, come figli delle stelle.
Ed è proprio questo che i La Crus intendono col loro lavoro, come scrivono: "Ed è per questo che fra di noi, abbiamo ironicamente coniato un nuovo termine che descrive questo lavoro: Canzoni Polietiche.
Politiche, poetiche e soprattutto etiche.
Sperando che chi ci ha seguiti fin dai primi lavori, e in questi lunghi anni di assenza ci ha continuato ad ascoltare, insieme a un nuovo e ipotetico pubblico, possa condividere questa visione, questa crescita e consapevolezza, che possa apprezzare e continuare a emozionarsi, perché queste nuove canzoni sono il frutto di lunghe riflessioni e di un sincero amore per la musica. Non sappiamo fare altrimenti.
Entrate a guardarvi dentro e intorno insieme a noi.”
Un disco che può medicare le nostre ferite. E farci splendere, di nuovo.
A breve, il tour...intanto, aspettiamo il 28 marzo a Lugano, RSI, e il 10 maggio a Milano, Santeria Toscana.