Filippo Andreani Detto Tra Noi
2023 - Hellnation / Ammonia
“Questo disco è dedicato a chi non scappa quando viene rincorso da sé stesso”.
Filippo Andreani ha, per i suoi dischi, una gestazione lunga e articolata, segno della cura che il cantautore comasco pone nella confezione dei suoi brani, tutti nati da profonde riflessioni sulla vita, sul mondo e anche su di sé. Non sorprende, quindi, che il nuovo Detto Tra Noi nasca ben sei anni dopo quel Il Secondo Tempo, che giunse in finale per la Targa Tenco come migliore album.
E, a giudicare dalla qualità delle composizioni, era cosa buona e giusta attendere sei anni.
Andreani ha da sempre una passione per le storie, eroiche e quotidiane, delle figure dello sport, o che ruotano attorno a esso, o che hanno lasciato un segno nella propria storia, da Gigi Meroni (indimenticabile canzone, interpretata anche dal suo concittadino Luca Ghielmetti), a Beppe Viola, da George Best a Ezio Vendrame, da Stefano Borgonovo a don Andrea Gallo o Adelmo Cervi. Una sorta di raccolta biografica in musica, per celebrare figure che hanno significato tanto non solo per lui o per la sua generazione, ma che il cantautore desidera prolungare nel tempo, col ritmo e con la melodia che ritiene i più adatti.
A volte, l'impeto emotivo tracima dalla metrica, e la voce si incrina, cercando e trovando e forzando la chiave del nostro cuore, supportata da un crescendo rock con venature noise, come nell'emozionante Estate 90, oppure in Undici Metri, dedicata ad Agostino Di Bartolomei, leggendario capitano della Roma. E a chi si meravigliasse dell'affetto con cui un comasco omaggia "Roma bella...fiore di borgata...grande ed eterna, piccola e persa", sarebbe opportuno ricordare che Roma è patrimonio dell'umanità, e aggiungere che Andreani ha la capacità unica di trovarsi come a casa, ovunque ci siano cuori sinceri che battono all'unisono.
Il disco ha una filosofia sottintesa, suggestiva e potente: dalla voce registrata di Mohammad Alì (evocato anche nella copertina), che, indomito, esclama"I will show you how great I am!", fino all'ultima traccia, chitarra e voce intima alla Luca Carboni, per promettere che non scorderà mai la sua squadra del cuore, il Como, ogni canzone porta un po' del vissuto del musicista, sia nei versi, sia negli arrangiamenti, che ricordano il suo passato punk hardcore con gli Atarassia Gröp, ma vengono rivitalizzati da un approccio lirico e da un canto espressivo e vibrante.
Lo coadiuvano, in questa avventura, artisti - amici: Giulia Larghi ai violini, Marco Castiglioni, batteria e percussioni, Massimo Scoca a basso elettrico e contrabbasso, Luca Sguera a pianoforti, rhodes, glockenspiel, Davide Lasala (chitarre elettriche ed acustiche, percussioni, synth, wurlitzer, mellotron, programmazioni), Andrea Fognini a programmazioni e synth, oltre a Gianmarco “Gimmy” Pirro, che suona le chitarre elettriche in 1977, e l'amico di sempre Robi Gröp, voce e cori in Celeste, celebrazione del Pibe de Oro, dall'incedere degregoriano e dal testo che sembra per inziati esperti del calcio, mentre basta sollevarsi dal mero significato letterale, per capire che Andreani, quando parla di sport, in realtà parla di vita.
E, se De Gregori cantava Niente da capire, il cantautore insinua che non c'è Niente da salvare, ma sceglie un accordo di pianoforte per ribadire che non c'è però nemmeno "niente da buttare via"; mentre il padre, scomparso da qualche anno, torna come presenza in Rivederti Ancora, lettera - ballata emotivamente coinvolgente, nella sua essenziale, familiare, semplicità.
Perché questo è Filippo Andreani: schiettezza, slancio, energia, e fiato per resistere, sott'acqua o sul campo da gioco della vita.