Erica Mou E´
2011 - Sugar
Nel disco, prodotto dall’islandese Valgeir Sigurðsson (Björk, The Magic Numbers, CocoRosie, ecc.) e arrangiato da Matthew Ker, più magnetiche e struggenti ci sembrano allora le tracce che custodiscono le malia della voce espressiva di Erica, nucleo pulsante di bellezza cristallina e grazia intimista, come l’eterea e delicata E mi, oppure Vorrei dirti un sacco di cose adesso, descrizione poetica voce e piano (ma con impennate sonore appassionate) di un’intimità coinvolgente che si dovrebbe, ma non si può interrompere. Una ritmica impetuosa, affascinante e arcaicamente tribale entra in Harem, piacevolezze pop/blue-eyed-soul vibrano nella cover dei Fletwood Mac Don’t Stop, colonna sonora di un frequente spot tv, mentre una metrica nervosa caratterizza l’intelligente singolo Giungla, desiderio di fuga da ossessioni, insicurezze e falsi valori come quello di un’algida e sinuosa perfezione fisica, da mille fisime alienanti che minano il proprio equilibrio e separano dall’essenza del reale. Notevole anche l’ironica fantasia letterario-intimista Epica, dedicata alla pericolosa vulnerabilità di un cuore-vero tallone d’Achille, con suoni arpeggiati e sottili björkiani e crepitante crescendo finale.
Alcuni momenti di dolcezza o di impeto pop-rock raffinato rammentano Elisa (non a caso “creatura caselliana”), certe sfumature cantautorali tra chitarre e orchestrazioni sonore la Consoli, l’incanto lieve di certe trame folk sa di Irlanda, ma Erica Mou sfodera già una sua ben delineata personalità, nella sensualità gentile che attraversa l’innocenza (ad esempio nell’esplorazione liricheggiante delle anatomie emozionali in un quotidiano da condividere in Vivere sul tuo collo), nel garbo dolce e fresco che accarezza note e versi, nelle risonanze tenere ed intense della sua voce, di straordinaria maturità per una ventenne. Spontaneità e studio si fondono nelle sue canzoni per dare vita ad un progetto musicale che ha e realizza già ottime potenzialità di affascinante evocazione. Ne sentiremo parlare.