Enrico Ruggeri Frankenstein 2.0
2014 - Sony/Anyway
La disperata solitudine del mostro (la sua emarginazione), in fondo è anche la nostra, legata - anzi tutto - al senso ultimo della vita che ci sfugge e ci sfuggirà sempre. E questo alla faccia dei conformismi, degli opportunismi, dei rampantismi, dei benpensantismi, dei surrogati di finta-felicità a ogni costo, prerogativa dei surfisti sociali, di chi cavalca l’onda, per dirla con espressione figurata ruggeriana (L’onda). Insomma: Ruggeri (ri)canta Frankenstein per cantare ancora una volta di noi, aggrappati a fango e stelle, danzanti sull’orlo dell’abisso, disperatamente attestati “tra gioie immense e giorni di dolore/ amori senza fine/ e letti di spine” (Per costruire un uomo). Del primo Frankenstein scrivevo più o meno che era un disco tematicamente stratificato, pensoso, in-indulgente, il mostro di Mary Shelley in accezione parabolica, chiave di accesso ad argomenti di peso specifico non indifferente, se mi spiego: la bioetica (La folle ambizione, Aspettando i superuomini), l’utopia dell’eterna giovinezza, la diffidenza (se non addirittura il terrore) per il diverso, l’ostilità reciproca (L’odio porta odio) e - di contro - l’urgenza di credere, di scommettere sull’amore (Le affinità elettive, Il tuo destino è il mio) o su Dio (L’infinito avrà i tuoi occhi). [la recensione per esteso la trovate su http://www.mescalina.it/musica/recensioni/enrico-ruggeri-frankenstein].
Non mi rimangio nulla. Di questo Frankenstein 2. 0 (come dire: quella del Mostro è un archetipo eterno, uno stato dell'essere ancora attuale, una storia che non finisce, aggiornabile in progress) - coraggiosamente editato a breve distanza dal Frankenstein originale - posso dire che sfoltisce il peso di cotanta sostanza escatologica attraverso un restyling di stampo elettronico e due tracce dalla lingua lunga, sacrosanta e benedetta (L’onda, In un paese normale). Due tracce destinate per ciò a prevedibile e farisaico stupore/clamore. Per spiegare ulteriormente con le parole di Ruggeri stesso: “Frankenstein 2.0, non è la semplice riedizone del disco precedente ma un nuovo disco, completamente riarrangiato e risuonato portando in risalto il suono a presa diretta, live". Credeteci, perché è così. E perché le canzoni nuove di zecca valgono da sole l’acquisto del cd (oltre alle già citate L’onda e In un paese normale, ci sono anche La voce della nave e Insegnami l’amore). In quanto opportune, in quanto omogenee al resto del discorso, in quanto suggestionanti. In quanto si rifanno da molto vicino al clima new vave/rock dei suoi inizi, gli inizi ruggeriani pre e post Decibel (per chi invecchia - sia pure a passo lento - come il sottoscritto la nostalgia è sempre canaglia, che volete farci).
In sede di bilancio complessivo: album interamente ri-arrangiato/ri-suonato, scaletta sostanziosa (16 tracce in totale), esiti ottimi. E Ruggeri che si conferma - una volta di più - cantautore magistralmente anomalo, spiazzante, trasversale ai generi, insofferente alle mode, alla regola e alle regole discografiche. Vivaddio.