Da quando si presentava ancora col suo vero nome, Ennio Venturiello, sono cambiate molte cose.
Partecipa nel 1993 al Tenco dove incontra Roberto Colombo, del giro della P.F.M. e di Patty Pravo, che produrrà il primo disco del 1994 “…due passi nell’anima del sorcio” e cooprodurrà questo “Concerie”.
Compositore anche di musica per il teatro, nel 1998 compone la colonna sonora di “Oceanomare” di Alessandro Baricco e della commedia musicale “Brancaleone viaggio di fine millennio” prodotto dal Teatro Stabile delle Marche.
La sua estetica della canzone si avvicina proprio al palcoscenico, non solo tramite il coinvolgimento di diversi attori a recitare nel disco, Massimo Venturiello, Flavio Bucci e Giulio Brogi, ma anche riagganciandosi alla scuola “cant-attoriale” italiana, poco frequentata sia dal pubblico che dagli artisti.
C’è il jazz nel disco di Rega, c’è un’attenta cura del testo, c’è teatralità nell’impostazione del pezzo, ci sono ritmi di walzer e ballate che narrano di personaggi di confine come “La Ballata dell’Accoltellatore”, che ricorda molto quel Michè di cui cantava De Andrè.
Proprio quest’ultimo è uno dei cantautori da cui Rega dice di aver appreso di più, ma non solo. Se dal cantautore genovese impara l’ottica con cui guardarsi intorno, il piglio con cui esprimerla lo prende da chi non faceva solo canzoni, ma anche teatro.
Nel disco si sente suonare Gaber, a mio parere soprattutto in “Soldatino”, anche se Rega è decisamente meno concettuale e cervellotico: distende maggiormente la canzone sia nel testo, che conserva molte più immagini rispetto a quello di Gaber, sia nelle musiche decisamente più acustiche, legate alla fisarmonica e con forte affinità verso il jazz.
Ciò che si sente di più è il cabaret musicale degli Jannacci e dei Ciampi, personaggi decisamente più istrionici, soprattutto il primo, e guitteschi, soprattutto il secondo.
“Concerie” è un ottimo disco scritto e prodotto da mani che con la canzone d’autore hanno molta esperienza.
Alcuni testi si ricordano anche dopo il primo ascolto, “Geremia Blue note” è fra questi, altri invece ricreano atmosfere indefinite, introdotte dai cori e supportate dallo stupendo muoversi della chitarra classica come ne “Lo scemo dice”, oppure immergono chi ascolta in un ambiente ben definito come quello di una Napoli d’altri tempi ne “L’ultimo cantante di giacca”.