Emma Tricca St. Peter
2018 - Dell`Orso
"St. Peter", ultima opera di Emma Tricca, rappresenta proprio questo punto nella discografia della cantautrice italiana, da decenni di base a Londra.
Dopo una manciata di album da folksinger, in cui prevaleva il suono cristallino della voce, accompagnata dalla chitarra acustica sapientemente suonata in fingerpicking, il nuovo lavoro di Emma si addentra in ambiti che non ci si aspetterebbe da lei, grazie ad una band che non solo richiama, in alcuni momenti, l'acid folk britannico, ma soprattutto guarda ad una moderna psichedelia elettrica.
Per compiere questo percorso, Emma ha scelto compagni di viaggio esperti di questi ambiti, quali Jason Victor, già pard di Steve Wynn nei Dream Syndicate e nei Miracle 3, alla chitarra, tastiere ed alla produzione ed il batterista dei Sonic Youth, Steve Shelley.
Le prime note di "Winter, My Dear" brano che apre il disco, richiamano "Relic", l'album precedente. Bastano però poche battute e si incontra il cambiamento; un suono dilatato, ma che riempie, allo stesso tempo, gli spazi lasciati dalla voce, utilizzata con timbri che variano spesso, seguendo i colori delle canzoni.
Buoni esempi di come suona il disco sono "Julian's Wing" in cui risalta la sezione ritmica, con il basso di Pete Galub, e "Buildings in Millions", caratterizzata da un crescendo ipnotico.
"Solomon Said" è un brano segnato dal contrasto, molto ben riuscito, tra la voce di Judy Collins che declama un suo testo su una base onirica, che richiama i raga indiani. Un regalo che la Tricca si è fatta, quello di avere un mito dell'infanzia come ospite nel proprio disco.
Il disco all'inizio può spiazzare, perchè il suono non rispetta quel che ci si potrebbe aspettare da Emma Tricca. Ma è proprio questo il valore aggiunto del disco, che ad ogni ascolto regala particolari nuovi e che si fatica a non far ripartire, quando le note di "So Here It Goes"si spengono e lasciano l'ascoltatore soddisfatto, sorpreso e emozionato.