Emma Tricca Relic
2014 - Finders Keepers / Goodfellows
Relic. Può significare reliquia, in senso liturgico, resto, in campo archeologico, ma anche, in tono dispregiativo, cariatide, oggetto vecchio e inutile. Emma Tricca, abruzzese di origine, romana di educazione, londinese di adozione, per il suo secondo lavoro, a cinque anni da quel Minor White che la proiettò nel mondo delle folk songstresses come la next big thing, ha scelto proprio questo titolo, con la consapevolezza, intelligente, acuta e provocatoria insieme, di adottare una precisa linea estetica e di gusto, in un mondo musicale in cui prevalgono le logiche mainstream e la commercializzazione pop all’insegna della modernità a tutti i costi. Come la stessa cantautrice canta in Drunken Conclusions: It's by coincidence / That I found myself sat there/ On a red old fashioned / Folklore chair, ad affermare la propria appartenenza ad un’atmosfera di altri tempi, che però qui suona tutt’altro che old.
Le dieci tracce del disco, che si apre e si chiude con uno stesso brano, Golden chimes, sulla linea di alcuni concept albums degli anni Sessanta e Settanta, sono infatti reliquie preziose di un passato, che la Tricca rende attuale, attraverso una scrittura levigata e profonda, e una voce vibrante, emozionata ed emozionante; è così esorcizzato il rischio che le reliquie divengano resti polverosi o superflui omaggi ad un periodo ormai sorpassato, e si propongano all’ascolto con la quieta forza del sentimento.
Chi è abituato al pop urlato ed alla femminilità esibita di certe rockstar non aprirà la porta al bussare discreto di questa figura delicata, che canta di nostalgie e sogni, come in Sunday Reverie, su una storia d’amore conclusa di fatto, ma sospesa nell’intimo della speranza (And it’ll take all of your time/ To find your way back home/ And it’ll take all of your day/ To find your way to the door), oppure in Coffee Time, dialogo a distanza su una perdita (But you never thought you get there/ You never thought you could cross those lines/ Now there are people calling you home,/ Home is not anymore where you think it was), in cui l’atmosfera musicale creata coinvolge l’ascoltatore come nelle migliori prove di Linda Perhacs o della Nico di 'Frozen Warnings', ma con l’aggiunta di alcuni tocchi synth, percussioni e trombe, di chiara eco contemporanea.
Per questa prova, la Tricca si è infatti avvalsa della collaborazione di alcuni membri del gruppo prog gallese Colorama, come Andrea Garbo, che la accompagna spesso anche nei concerti italiani, Sam Mcloughlin, alias N.Racker, e soprattutto Carwyn Ellis (produttore di Edwyn Collins), che hanno rivestito i brani di sonorità inusuali, ben intrecciate con la sei corde, suonata da Emma con la consueta espressiva perizia, e con una voce, sempre più matura e in grado di padroneggiare i chiaroscuri delle canzoni (valgano per tutte la brumosa November at my door, oppure la traccia di apertura, ma anche Take me away, solo apparentemente lineare e semplice, in realtà ricca di brividi nascosti).
Won't you lay your head down with me/ I will wash your troubles clean/ Lay your head down with me/ And we'll talk about tomorrow, ci sussurra Emma in Distant Screen, mentre echi di colonne sonore alla Morricone e qualche tocco di Bacharach ci incantano: e, sì, l’invito è accolto: sediamoci anche noi sulla red old fashioned / Folklore chair, e facciamoci guidare da lei in un mondo in cui la poesia e la nostalgia non sono ciarpame inutile, ma valori in cui credere.