Dimartino Un paese ci vuole
2015 - Picicca Dischi
Un paese ci vuole, per il cui titolo Dimartino ha preso in prestito le parole di Cesare Pavese, è infatti un album che racconta del paese, non solo come luogo geografico, ma anche come modo di affrontare la vita, come rifugio per la mente dalla frenesia del mondo esterno ad esso, come oasi di pace in cui le esistenze si intrecciano per forza di cose.
Il disco si apre con lo splendido pianoforte di Angelo Trabace, che accompagna quasi tutte le tracce, per Come una guerra la primavera, continuando poi con la splendida Niente da dichiarare, una sorta di guida alla partenza in cui si susseguono le frasi e i consigli che anticipano la partenza, come non pensare a quello che hai lasciato a casa/ sono solo cose/ e le cose prima o poi diventano rovine. Perché dal paese ad un certo punto bisogna andare via, se non altro per quell’indomabile sensazione di dovere cercare posti migliori. Ma al paese, prima o poi, si fa sempre ritorno. È quello che accade a Vincenzo, protagonista de La vita nuova, che ritornando mostra il suo nuovo accento/ come un monumento/ alla vita nuova e dice che fuori è meglio/ lo Stato è giusto/ la legge è buona. Chi ritorna s’illude di farlo solo momentaneamente, magari solo per le vacanze, e invece finisce che il ritorno diventa poi definitivo.
Per niente definitivo è invece l’amore raccontato in Una storia del mare, che vede la collaborazione di Francesco Bianconi dei Baustelle, e che è uno struggente esempio dei tipici amori stagionali, che durano giusto il tempo delle vacanze estive e che l’inverno spazza puntualmente via.
Dopo l’intermezzo strumentale de La foresta, la voce ritorna tra le Case stregate in cui si vivono storie d’amore violente e da cui ancora si cerca di fuggire, per poi ritornare al mare con l’onirica L’isola che c’è. In Stati di grazia la beatitudine esplode come un colpo di pistola e si ricerca il senso e la causa della commozione improvvisa, allontanandosi leggermente dalla tematica generale del disco, per poi farvi pienamente ritorno con Le montagne. In un borgo medievale le montagne proteggono dal mondo contemporaneo, dalle multinazionali, dalle regole della società, seguendoci anche quando un treno ci porta via verso i rumori e il caos metropolitano. Commovente è anche A passo d’uomo, racconto del nonno, voce e testimonianza diretta di un tempo che non c’è più. L’album si chiude con un’altra preziosa collaborazione, quella di Cristina Donà per I calendari, altro pezzo che sa di spiaggia, di un settembre che chiude una stagione e che porta al cambiamento, alla paura di non riconoscersi più.
Un paese ci vuole è un album carico di emozioni, di immagini poetiche, di figure immortalate nella loro semplice quotidianità vissuta in luoghi appartati, silenziosi e assolati. È un album in cui la componente narrativa è certamente molto importante ma in cui l’aspetto musicale e compositivo non passa certo in secondo piano, anzi, rivela una ricercatezza in cui le note vanno felicemente a braccetto con le parole. Proprio su entrambi i fronti, quello lirico e quello musicale, Dimartino dimostra quella maturità che i lavori precedenti preannunciavano e che con Un paese ci vuole dimostra di avere interamente raggiunto, tanto da poterlo considerare uno dei migliori cantautori italiani del nostro tempo, se non altro per la capacità di affrontare tematiche inusuali e di farlo splendidamente.