Dimartino Non vengo piu mamma
2013 - Picicca
#Dimartino#Italiana#Alternative #Indie-pop #Electro #Experimental
Inutile scavare tra le pieghe delle 6 tracce che compongono il concept-EP con cui Antonio Dimartino torna sulla scena musicale, a poco più di un anno di distanza dal precedente album Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile (2012): il suo Non vengo più mamma è uno dei più riusciti tributi al Battiato post Fetus e post Pollution, quello de La voce del padrone e di Patriots, per intenderci, intriso di una certa battistiana impronta, ma ancora impregnato di ricerca sperimentale.
Solo che il gusto per i beat electro anni ’80 Dimartino lo declina all’occorrenza nella forma della dance eighty e ninety, insistendo con il minimalismo di archi digitalizzati o con le battute secche e compatte dei pad. Stupisce, forse, ritrovare quello che per molti è uno degli eredi più convincenti del cantautorato italiano alle prese con sintetizzatori e campionamenti? Forse stupisce chi si aspettava un sequel delle precedenti produzioni, non chi lascia campo libero all’espressione di musicisti dal talento già in parte collaudato.
Non vengo più mamma è un disco liquido, un unico flusso di suoni interrotto solo formalmente dai titoli che identificano i singoli brani e materialmente dal fatto che per ascoltare gli ultimi due, se si esclude la versione digitale, bisogna girare il vinile sul piatto. E non stupisce, in fondo, nemmeno la scelta di affidare un Ep tanto elettronico ad un microsolco, se si tiene ferma l’impressione di voler coniugare atmosfere da anni ’80-’90 con le prodezze tecnologiche del terzo millennio, in quello che risulta essere un lavoro amalgamato in ogni sua parte. Si tratta di una storia, raccontata in suoni, parole e nelle immagini delle tavole di Igor Scalisi Palmentieri, che danno un volto ai protagonisti di Non vengo più mamma, due adolescenti probabilmente scettici o disillusi, ma che nell’anelito verso l’infinito e verso l’assenza di limiti spaziali trovano la scelta eu-tanasica della morte come apertura verso un mondo metafisico, piuttosto che come negazione di quello fisico.
La semplicità d’ascolto di questo EP, dunque, ha un contrappeso greve nel tema che tratta, eppure Dimartino riesce a farne un disco lieve proprio affidandone il contenuto lirico a ritmi per antonomasia “superficiali” e spensierati (No autobus e Come fanno le stelle), sospesi solo dalla quiete di un parlato (Scompariranno i falchi dai paesi) o dal groove elettrificato di una chitarra (Non torneremo più). Si direbbe un disco riuscito e lo è. Anche stavolta Antonio Dimartino fa centro e senza doversi ripetere o clonare.