Devendra Banhart Flying Wig
2023 - Mexican Summer
#Devendra Banhart#Rock Internazionale#Alternative #Indie-folk #avant-folk #Alt-Country
Considerato tra i principali esponenti di quella che alcuni giornalisti hanno battezzato New Weird (folk psichedelico influenzato da sonorità ‘60/ ’70), però, si è sempre contraddistinto per la sua predisposizione a ricercare e innovare il proprio stile musicale, uno stile che potremmo definire surreale, multifocale e capace di evolversi in modi diversi: indie, folk, avant-folk, psycho-folk, alt-country e pre-war folk.
Artista poco restio alle etichettature, Devendra Banhart continua, quindi, la sua metamorfosi musicale anche con Flying Wig. Se il precedente Ma (2019) possiamo forse definire come il suo album più ecclettico, il nuovo lavoro si presenta enigmatico e riflessivo.
Tassello numero undici, il disco non solo vede l’esordio di Banhart per l’etichetta newyorkese Mexican Summer, ma anche la preziosa collaborazione con l’amica, artista solista, polistrumentista, produttrice e compagna di scuderia Cate Le Bon, presente in cabina di regia. Una collaborazione fortemente voluta dallo stesso songwriter per dare l’ennesima sterzata stilistica al proprio sound: “volevamo un suono nuovo, elettronico ma allo stesso tempo caldo e organico, volevamo tirare fuori ed enfatizzare l’aspetto emotivo di un sintetizzatore”.
Registrato in uno chalet di Topanga, in California, alla stesura dell’album hanno preso parte anche amici e collaboratori di vecchia data come Nicole Lawrence (pedal steel e chitarra), Todd Dahlhoff (basso), Greg Rogove (batteria) e Euan Hinshelwood (sassofono).
Nonostante Flying Wig sia stato scritto e realizzato nella natura, meditando e ascoltando musica felice, lontano dalla città e sotto il sole della California, il duo Banhart – Le Bon ha tradotto questa tranquilla e naturale ambientazione in uno scenario urbano futuribile, malinconico e oscuro, alla ricerca di una stabilità tra la pace del paesaggio circostante e l’inquietudine interiore.
Un disco fatto di dualismi, paradossi e racconti dalle molteplici interpretazioni, che trovano sfogo attraverso proprio quell’uso enfatizzato del sintetizzatore tanto agognato, come possiamo constatare dalle battute iniziali del disco: un tappeto sonoro minimal dilatato oltre i sei minuti nel brano d’apertura Feeling.
Flying Wig è un disco triste e malinconico, pervaso dal senso di abbandono e di perdita, ma che, allo stesso tempo, non smette di sperare cercando la tanto bramata libertà. Lo stesso artista ha dichiarato: “se devo piangere lo devo fare con il mio vestito migliore”. E quale modo migliore se non ricamarci su un intero disco?
Anche se accusa qualche inevitabile calo di tensione (Nun), il nuovo lavoro del cantautore presenta composizioni dalle buone intuizioni melodiche, dalla profondità espressiva e dal mistico romanticismo (Fireflies, Flying Wig e Charger).
Un lavoro che sente molto l’influenza delle sonorità anni Ottanta tipiche di Bowie, ma soprattutto di Eno, dove Banhart, coadiuvato da Le Bon, sfoga tutta la sua creatività che si tramuta nell’elettro-funk di Sirens, nell’ambient-pop di Sight Seer, nel folk a tinte pop di May o nel folktronic di The Party.
Un disco che dividerà la critica, ma che ci presenta un musicista sempre in continua trasformazione e oramai consapevole del fatto che quello che fa non è più una questione di divertimento, ma di protezione: “I’m singing no longer for fun, but as a form of protection” canta in Sight Seer.