Caparezza Le dimensioni del mio caos
2008 - Emi/ Virgin
Come nei precedenti dischi, il musicista di Molfetta riprende i fili dell’impegno “politico” e “sociale” con quell’approccio al limite del nonsense che lo contraddistingue proponendo l’ennesimo album provocatorio teso a realizzare una critica radicale della società italiana, dei suoi costumi e della sua “amministrazione” (qualunque essa sia).
Quarto capitolo della saga Caparezza, “Le dimensioni del mio caos” è un vero e proprio “concept” concepito come colonna sonora di un racconto breve dello stesso musicista, “Ilaria e le dimensioni del mio caos”, contenuto nel libro “Saghe mentali” (ndr).
Come nei più classici dei “concept” anche questo album si snoda attraverso una storia narrata in quattordici episodi: un riccioluto cantautore, il protagonista, finisce per uno scherzo del destino a spalare sterco di pachiderma, intrecciando la sua storia con quella di una giovane hippie e di un muratore precario, mentre un partito di sconosciuti famosi inaugura piste spaziali.
A questa storia fa da cornice la situazione socio-politico-culturale in cui si viene a trovare il nostro paese e che Caparezza tende a denunciare attraverso testi eloquenti impregnati di frasi a doppio senso (già dal titolo del disco), battute esplicite, citazioni e riferimenti a fatti e situazioni di questi ultimi anni, toccando tematiche come rivoluzione, precariato, sesso e politica. Ma la polemica di Caparezza si fa più accesa, quando il fulcro dell’attenzione si riversa verso la sua terra di origine: la Puglia. Lontana dalle attenzioni mediatiche che sembrano interessarsi a questo sprazzo di terra solo per le consuete manifestazioni di stampo culturale, il musicista pugliese nel brano “Vieni a ballare in Puglia” sputa in faccia al resto d’Italia le reali condizioni e problematiche che chi vive in questa regione deve ogni giorno affrontare.
In “Le dimensioni del mio caos” Caparezza attua una scelta diversa dai lavori precedenti dando più spazio agli strumenti a scapito dei campionamenti sviscerando così un croos-over tra hip-hop e rock più efficiente del solito, lasciandosi, inoltre, guidare in cabina di regia dal “guru” Carlo U. Rossi che ne cura produzione artistica, missaggio e registrazione.
Denotando la consueta mancanza di romanticismo, il nuovo lavoro del musicista, dall’inconfondibile capigliatura, rappresenta l’ennesimo tassello di una carriera sino a qui impeccabile.