Björk Fossora
2022 - One Little Independent Records - Bertus
Forse l'unica artista di cui chi scrive di un disco non ha dubbi nell'inserirla sotto il tag Alternative è lei, Björk. E per fortuna: perché tutto il resto è difficilissimo, dalla grafia del nome, spesso castigata dai caratteri tipografici, alla comprensione dei testi, immaginifici e criptici, alle vertiginose altezze (o abissali profondità, che è lo stesso) a cui la musicista islandese ci ha abituati, nel corso della sua quasi quarantennale carriera. Sembra incredibile che la signora si avvicini ai sessanta, tanto smalto mantiene la sua voce, e tanta creatività dimostra a ogni progetto in cui si immerge.
Difficile classificare anche l'ultimo lavoro, Fossora, in cui quella voce intatta si mescola a strumenti di ogni genere, dai synth ai fiati (Murmuri, un ensemble composto da ben sei clarinetti), dalle chitarre agli archi, il tutto arrangiato e prodotto dalla dea ex machina di questo viaggio inusuale, difficile, appunto, ma anche affascinante e quasi magico, alla ricerca delle radici.
Colei che scava (tale infatti potrebbe essere la traduzione, o l'intenzione, del titolo, ma anche questa interpretazione è soggettiva e difficile) penetra in un mondo che fin dalla copertina evoca il Sottosopra della serie TV, ma che è molto meno perturbante; piuttosto, Björk, scavando, trova le proprie radici, i ricordi, e rende omaggio a chi non c'è più (la madre, nota ambientalista, ringraziata in Sorrowful Soil e, appunto, Ancestress), a chi ci sarà sperabilmente dopo di lei (i figli, presenti proprio nei due brani citati), a chi c'è sempre stato (Madre Natura, e in essa l'Islanda, terra di folletti, fate e funghi, creature sospese fra la magia e la nutrizione, la psichedelia e la tossicità, che trovano vita proprio scavando nel terreno).
In questo dialogo della Natura e di una Islandese, quest'ultima pare a volte arrendersi, nel cercare di riprodurre le logiche misteriose e i nessi della prima, attraverso complesse trame orchestrali, che spesso sovrastano la voce, subissando l'ascoltatore di una ridda di effetti elettronici, interventi percussivi fra hardcore e techno del duo indonesiano Gabber Modus Operandi (si ascolti la title track per - cercare di - capire) o di Kasimyn (Atopos), slanci operistici o da colonna sonora (Fungal City), idilli parabucolici (Allow, con la partecipazione di Emilie Nicolas): un ampio ventaglio di suoni, che, come le radici di alberi che si intrecciano sottoterra, vengono scoperti, portati alla luce e restituiti spesso in modo caotico dalla nostra Scavatrice. Disco pletorico, difficile, si scriveva sopra: per chi non teme di immergersi, casco di protezione e auricolari, nel mondo sotterraneo di un'artista libera.