Bjork Biophilia
2011 - One Little Indian / Polydor
#Bjork#Rock Internazionale#Alternative #Trip-hop #Experimental
C’è chi ha avvertito la fatica di questa costruzione anti-melodica di beat elettronici e risonanze inedite di nuovi strumenti, come il gamelesta, celesta con lamine di bronzo come nel gamelan, e lo sharpsichord, una specie di arpa-carillon a manovella e ad energia solare, con due grandi amplificatori simili a quelli del grammofono.
Certamente Biophilia non suona come un album di facile ascolto e si percepisce ogni tanto la macchinosità delle invenzioni o la sostanza ermetica dei testi, stratificati nelle allusioni scientifiche o storico-filosofiche (Dark Matter avrebbe dovuto per esempio intitolarsi Pneuma, con riferimento al soffio vitale che gli antichi ritenevano principio dell’esistenza).
Eppure il fremere dell’arpa e dei pendoli governati dalla gravità, i rintocchi fragili di gamelesta e quelli metallici dell’hang (che descrivono nella nivea Virus l’inevitabile dipendenza-contagio dell’attrazione fisica e amorosa), il rimbombare dell’organo sulle basse frequenze, i suoi picchi nervosi e lugubri, il soffiare cupo dei fiati, le trame maestose e tese dei cori, le tempeste ritmiche elettroniche, improvvise e vertiginose, compongono scenari tecno-naturali di inquietante potenza ed ambiguo, irresistibile fascino.
Tali suoni fendono religiosi silenzi con vortici imprevedibili che sfruttano il magnetismo dei suoni per catturare l’immaginazione, immergendoli in atmosfere musicali altrettanto rituali, e paiono davvero interrogare i misteri del cosmo, le epifanie della luce e delle stagioni ed indagare strutture cristalline, respiri e dolorose disarmonie umane (v. Sacrifice).
E’ un dato di fatto che la forma canzone d’altronde stia ormai stretta a Björk. D’altronde Biophilia avrebbe dovuto essere un progetto musicale e cinematografico finanziato dalla National Geographic con la regia di Michel Gondry; tuttavia ha una struttura più regolare la perla più straordinaria di questo abisso di suoni, la magistrale, lancinante Thunderbolt, travolgente esempio di sublime romantico che proietta nel cuore dei fulmini, tra le linee di basso create dalle scariche elettriche delle bobine di Tesla.
Un album delicato e oscuro, incredibile ma vero. Come i miracoli della natura e della tecnologia che tenta di riecheggiarli e riprodurli in un fluire irregolare ed impressionante di suoni.