The intercontinentals<small></small>
Jazz Blues Black

Bill Frisell The intercontinentals

2003 - NONESUCH RECORDS

11/07/2003 di Christian Verzeletti

#Bill Frisell#Jazz Blues Black

Il titolo e il nome della band scelti da Bill Frisell per questo suo nuovo album fanno pensare ad un cambiamento, ad uno spostamento di direzione dalla strada maestra dell’american music, che il chitarrista di Baltimora ha ampiamente esplorato in tutte le sue svolte folk e country.
In effetti “The Intercontinentals” è un disco più aperto e variegato, nei suoni come negli stili, ma mantiene lo sguardo e l’impostazione tipici di Frisell: un approccio spirituale che permette ad ogni singola nota di risuonare in tutte le sue qualità suggestive ed evocative.
Questa volta i compagni di lavoro, ma sarebbe meglio dire d’esperienza, perché tale è la musica di Frisell, sono Greg Leisz alla chitarra, Jenny Scheinman al violino e, soprattutto, Sidiki Camara, percussionista del Mali, Vinicius Cantuaria, chitarrista brasiliano, e Christos Govetas, musicista greco. Sono le voci di questi ultimi tre che portano nuovi colori e distanze alle composizioni, anche se poi la materia è affrontata senza alcuna distinzione: il blues viene suonato come fosse un canto balcanico o come se l’Americana fosse parte delle tradizioni dell’Africa e del Sudamerica.
La compenetrazione tra i musicisti è tale che il disco arriva a ribadire l’idea che la musica ha origine da un unico luogo, comune a tutti gli stili e a tutti i generi.
Così “Boubacar” parte come un folk dal passo grave per arrivare a toccare l’Africa più densa con le percussioni di Camara, mentre “Good Old People” è costruita a direzioni invertite partendo con dei giri africani e facendosi poi sfiorare dalla steel di Leisz e dal violino della Scheinman.
Ogni variazione è eseguita con una grazia interiorizzata a lungo, quasi fosse frutto di una meditazione ad ampio raggio. Uno scuro ritmo folk-blues viene carezzato dall’oud e dal violino fino a rendere “For Christos” un gioiello sinfonico che riposa all’ombra della musica classica più forbita. Altrove le arie africane delle percussioni e della voce di Camara riportano alla mente “Talkin’ Timbuctu” e Ry Cooder, altro chitarrista aperto quanto Frisell.
Per “The intercontinentals” Frisell non è partito da una ricerca concettuale, ma ha lasciato una maggiore libertà ai musicisti, dopo averli scelti in base ad una comune visione. Per questo la strumentazione è più variegata (calabash, djembe, congas, oud, bouzouki) e numerose sono le direzioni che ogni traccia suggerisce: “Procissao” è uno swing etnico in cui il canto di Govetas indica il Sudamerica e più in là l’Oriente. L’India compare poi definitivamente in “Yala”, all’interno di un suono globale e sacro, in cui l’anima dell’Africa risale verso l’America portando con sè la voce solenne dell’Europa, gli echi dei Balcani e un sentimento di saudade (“Perritos”).
“The intercontinentals” potrebbe essere catalogato come un disco di world music, per le sue ampie latitudini, ma è molto di più di un crogiolo di suoni: Frisell e compagni muovono i loro strumenti con uno spirito che ha del monastico, toccando vertici mistici, in cui si torna a scoprire che “la musica è una”.

Track List

  • Boubacar|
  • Good Old People|
  • For Christos|
  • Baba Drame|
  • Listen|
  • Anywhere Road|
  • Procissao|
  • The Young Monk|
  • We Are Everywhere|
  • Yala|
  • Perritos|
  • Magic|
  • Eli|
  • Remember

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