Bill Frisell Richter 858
2005 - Songlines Recordings
Ora “Richter 858” avanza proprio in quella direzione al punto che si può considerare conclusa l’ipotetica fase di approfondimento dell’american music: non è detto che in futuro Frisell non decida di seguirne nuovamente la corrente, ma con questo disco punta verso territori che sono di pertinenza della cosiddetta musica colta.
“Richter 858” è uno studio condotto con un terzetto d’archi, prendendo per oggetto otto pitture astratte di Gerhard Richter.
Più che di un disco come eravamo abituati negli ultimi tempi, si tratta di un lavoro di ricerca estetica e formale, suonato in reazione ai dipinti di Richter, quasi una colonna sonora che ne accompagna la visione.
E, proprio come in una colonna sonora, l’ascolto risulta pressocchè inscindibile dall’immagine: meglio inserire il cd nel lettore del computer e usufruire dell’opzione “autoplay” che permette di veder scorrere i dipinti di Richter nei loro particolari, adeguatamente zoomati, in contemporanea con la musica. Non seguendo questo iter, ci si trova persi in una serie di meandri strumentali che disorientano, che richiedono un’attenzione da docenti universitari: prese da sole, queste otto tracce suonano come degli esercizi per chitarra, loops e archi a tratti fini a sé stesse, come dei test volti a provare la preparazione dei propri studenti.
“Richter 858” non è un disco facile, anzi, è uno dei più difficili e selettivi prodotti da Bill Frisell: le parti strumentali si susseguono in modo molto concettuale sviluppando contemporaneamente tonalità diverse. Il rischio è quello di cadere in un relativismo sonoro a cui solo i dipinti possono conferire un minimo di orientamento: tanto vale quindi parlare di cd-rom piuttosto che di cd, di arte visuale piuttosto che di musica.
Immergendosi nei colori di Richter, le suggestioni aumentano e si ha l’impressione che gli strumenti mirino proprio ad astrarre le forme: la combinazione di disciplina e spontaneità di Richter è riprodotta da una musica tanto studiata quanto improvvisata, tanto rigorosa quanto soggettiva. La chitarra di Frisell è calata in un contesto accademico in cui violino, viola e cioloncello creano passaggi gravi, sovrapposti e stemperati l’uno nell’altro attraverso “pennelate” di delay e di elettronica: a tratti dietro a suoni e colori sembra di scorgere un’armonia sommersa o delle figure che si muovono in una sorta di deriva dei continenti umani, ma la lettura non è facile né immediata, anzi è lasciata alla percezione del singolo.
Per quanto l’idea di base del progetto sia interessante e per quanto alcune tracce/immagini siano davvero suggestive, “Richter 858” è da suonare esclusivamente in qualche museo o galleria d’arte contemporanea.