Paolo Sorrentino This Must Be the Place
2011 » RECENSIONE | Drammatico
Con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton, Joyce Van Patten
26/10/2011 di Arianna Marsico
Senza nulla togliere all’impeccabile regia di Paolo Sorrentino ed alla sua inconfondibile e straniante fotografia, è l’attore il fulcro della storia. intorno a lui orbitano ottimi e ben caratterizzati comprimari, da Frances McDormand nel ruolo di Jane, l’appassionata moglie di Cheyenne, a Eve Hewson nel ruolo di Mary, “ragazza triste” che il nostro vorrebbe far mettere insieme ad un altro “ragazzo triste” innamorato di lei (“Ma forse tristezza e tristezza non sono compatibili” concluderà il protagonista).
L’intreccio narrativo è così scarno da diventare quasi un pretesto per la rinascita dell’oscura crisalide.
Cheyenne è annoiato, divorato dal senso di colpa per il suicidio di due suoi giovani fan (che cerca di placare andando sulla loro tomba ogni settimana, ma viene regolarmente cacciato dai familiari dei ragazzi), depresso. Il padre, con cui non ha rapporti da trent’anni, è in fin di vita. Cheyenne parte dall’Irlanda alla volta della Grande Mela per nave ( dopo anni che viaggia più in aereo è terrorizzato alla sola idea del volo), arrivando troppo tardi. A New York scopre che il defunto genitore era ossessionato dal desiderio di vendicarsi del nazista che lo aveva umiliato in un campo di sterminio. Ha così inizio un viaggio per l’America e per l’Io, dagli esiti decisamente imprevisti.
Tra gli incontri meglio caratterizzati del viaggio c’è quello con David Byrne, la cui This must be the place, eseguita in modo gioioso e brioso dall’autore all’interno del film, fornisce titolo e leit-motiv all’opera (Home is where I want to be/Pick me up and turn me round/I feel numb - burn with a weak heart). L’ex Talking Heads ritiene Cheyenne un suo amico ed un artista. Questi si meraviglia di tanto affetto e stima. Ed ecco che Sean Penn, passa dal sembrare il Sam di Mi chiamo Sam (2001) al far esplodere Cheyenne in uno sfogo liberatorio.
Un urlo dell’anima in cui rivela di essersi atteggiato a dark solo perché andava di moda, ma due suoi fan sono stati così deboli “da restarci sotto”, di sentirsi maschera e non artista.
Paolo Sorrentino in This Must Be the Place racchiude storia, musica, paesaggi sconfinati ed atmosfere rarefatte con il sarcasmo e la classe di sempre. Ma rispetto a Il divo (2008), con un filo di speranza in più, non vi rivelo come.