Paul Handyside Future´s dream
2007 - Malady music
La musica di questo songwriter inglese profuma infatti di antico, di un tempo in cui i viaggi da un continente all’altro erano interminabili traversate compiute da giovani pionieri. Handyside ha la voce di chi canta avventure e sentimenti lontani: sembra di vederlo suonare al piano le sue ballate sull’aria umile e fiera della tradizione europea.
Sin dall’iniziale “Beautiful thing” la raccolta strugge di un sentimento pop-olare che prende volentieri una coralità, grazie alle vocals sui ritornelli, e un’enfasi, grazie a certi arrangiamenti in chiave vagamente celtica.
Handyside possiede una scrittura adulta che brilla anche nella title-track e nella decisa “Darkest night”. Qualcosa manca a livello di interpretazione in alcuni pezzi che avrebbero meritato di distinguersi di più, ma Paul ha la coscienza dei propri limiti e per questo lascia che il suo canto prenda respiro dalle backing vocals e da strumenti roots come piano, harmonium, Weissenborn e melodeon.
La scaletta richiama alla mente certe ballate minori degli Waterboys, ovviamente ad un livello più basso, e di Badly Drawn Boy: “Midwinter’s Feast” si libra solenne su un “hallelujah” come fosse suonata nella navata di una chiesa, mentre “River of song” si schiude su una leggera aria irish.
Nel finale il disco assume toni delicati sussurando una speranza che culmina nella conclusiva “Peace in our time” fatta di rintocchi che si riempiono da lontano.
Fosse nato almeno un secolo prima, Paul Handyside avrebbe potuto essere un capitano di marina. Alla guida non di un veliero, ma piuttosto di uno dei tanti vascelli che battevano bandiera britannica.