Offlaga Disco Pax Gioco di società
2012 - Venus Dischi
Tornano più critici di prima, gli Offlaga Disco Pax. E tornano più minimal ed essenziali del passato. C’è spazio solo per le parole, per i pensieri. Ridotti in tutto. Scordiamoci il sound pompatissimo di Bachelite e facciamo una passeggiata “ideale” o, ancora meglio, “musicale” in Emilia Romagna – perché questo è questo lavoro. Passiamo davanti al Palazzo Masdoni e facciamo un salto negli anni Novanta, e anche prima, quando la militanza occupava una vita intera ed un partito era una casa. Oggi cos’è? Cosa è rimasto, se non un ricordo e basta? E, paradossalmente, il suono è talmente minimalista che ti sembra di sentire solo quelle parole, quella voce che ormai, in effetti, è “fuori dal coro”. È rimasto quel parlare da soli, quello scontrarsi col tuo essere più solo, più intimo. E se poi ti vedi passare, allora ti osservi: Parlo da solo è più veloce nei modi di esplicarsi, col suo sound, ovviamente essenziale, ma abbastanza vintage. E tra le molotov, la new wave che scorre nel sangue, i Police e i soldi che non avevamo e continuiamo a non avere arrivano dalla provincia quei pezzi che ascolteremo per molto. Arrivano anche i ricordi e momenti dolenti che descrivono immagini che difficilmente si riesce a formattare (Sequoia). Di sorprese ce ne sono: l’intero disco è una sorpresa, ma Tulipani, col suo sound tanto incalzante quanto low-fi, supera le aspettative e ci fa ritrovare gli Offlaga Disco Pax davvero in forma e più attenti che mai!
Gioco di società è un disco più esistenziale che critico. È un tirare le somme. È un ricordo. È un continuo ripercorrere una vita, una città deserta attraversata di notte o da solo. Non c’è nulla di più esistenziale quando le dimissioni si riassumono senza opinioni e quando le partenze ed i distacchi diventano obbligatori (Desistenza).
In chiusura resta solo lo spazio necessario per guardarsi allo specchio tra il sound sintetizzato che da sempre caratterizza gli Offlaga Disco Pax e l’elettronica che ricorda quella band il cui nome inizia per K. Poi quelle parole e questi parallelismi che dimostrano come, in fondo, la ruota gira, passano gli anni ma le cose continuano ad accadere ciclicamente.
Loro sì che sanno essere fedeli alla linea.
Applausi, obbligatori.